Il cervello umano è una macchina incredibilmente complessa e affascinante, con miliardi di neuroni che interagiscono tra loro per permetterci di pensare, imparare e svolgere le nostre attività quotidiane. Tuttavia, comprendere il funzionamento del cervello non è facile, specialmente per chi non ha familiarità con la terminologia scientifica e i concetti avanzati. In parole semplici, il cervello è come un computer biologico che controlla tutte le nostre funzioni mentali e fisiche.
La ricerca tutta Italiana
Per aiutarci a capire meglio il cervello, un team di ricercatori italiani ha recentemente realizzato un modello virtuale in 3D di una parte del cervello chiamata “area CA1 dell’ippocampo“.
L’ippocampo è una regione del cervello fondamentale per la memoria e l’apprendimento, in particolare, l’area CA1 è una delle sue componenti chiave.
Questo modello 3D è come una mappa dettagliata che mostra come sono disposti i neuroni e come si connettono tra loro.
Se sei nuovo al mondo della neuroscienza, pensa a questo modello 3D come a una rappresentazione digitale di un’auto: ti permette di vedere come sono organizzate le varie parti e come interagiscono tra loro. Grazie a questo modello, gli scienziati sperano di comprendere meglio come funziona il cervello e di sviluppare nuove terapie per combattere malattie come l’Alzheimer e l’epilessia.
Il team di ricerca italiano Ebrains-Italy ha raggiunto un traguardo straordinario: la creazione del primo modello virtuale in 3D dell’area CA1 dell’ippocampo umano.
Questo risultato rivoluzionario è stato ottenuto grazie all’analisi di immagini ad altissima risoluzione, che ha permesso di estrarre un dataset di oltre 5 milioni di neuroni e identificare gli oltre 40 miliardi di sinapsi che formano la rete neurale. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Computational Science, è stato condotto da un team composto da ricercatori dell’Istituto di biofisica del Cnr, dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Institut de neurosciences des systèmes di Marsiglia.
Il modello 3D dell’ippocampo umano
Il modello 3D è stato realizzato analizzando le immagini ad alta risoluzione dell’ippocampo umano ottenute dal database BigBrain. I ricercatori hanno sviluppato un algoritmo personalizzato per analizzare queste immagini, permettendo loro di calcolare il posizionamento dei neuroni e la connettività tra di essi. Questa innovativa metodologia potrebbe essere applicata anche ad altre aree del cervello umano, aprendo nuove frontiere nella ricerca neuroscientifica.
Il modello virtuale full-scale dell’area CA1 dell’ippocampo sarà messo a disposizione della comunità scientifica attraverso la piattaforma Ebrains-Italy.
Questo strumento di ricerca fornirà un supporto prezioso per lo studio delle diverse funzioni cognitive, come l’apprendimento, la memoria e l’elaborazione spaziale, oltre che delle disfunzioni cerebrali, quali l’epilessia, le malattie neurodegenerative e l’invecchiamento.
Inoltre, il modello potrebbe avere un impatto significativo nella ricerca farmacologica, riducendo i tempi e i costi associati.
Cosa comporterà questa ricerca?
Un elemento sorprendente e divertente emerso dallo studio riguarda la distribuzione dei neuroni nel modello 3D. Daniela Gandolfi di Unimore ha affermato che la densità dei neuroni nel modello corrisponde in modo sorprendentemente accurato ai dati presenti nella letteratura scientifica sull’ippocampo umano. I ricercatori stanno condividendo sia il set di dati che la metodologia di estrazione sulla piattaforma Ebrains, dimostrando il loro impegno a favorire la collaborazione e la condivisione delle conoscenze all’interno della comunità scientifica.
Il team di Ebrains-Italy sta già lavorando per applicare la stessa metodologia ad altre regioni del cervello umano, con l’obiettivo di rendere i dati disponibili all’interno del grande progetto europeo Human Brain Project e alla comunità delle neuroscienze in generale.
Grazie a questo studio rivoluzionario e all’impegno dei ricercatori coinvolti, il futuro della ricerca sul cervello umano appare più luminoso che mai.
Fonte: la prestigiosa rivista di ricerca Nature / Ebrains-Italy