Dunque.
Ho passato le ultime 3 settimane a giocare, a fatica, l’ultimo Octopath Traveler: Champions of the Continent, e mi ha lasciato la bocca amarissima.
Quando rivelarono il titolo, con i primi trailer ne rimasi esaltato, Octopath Traveler aveva rappresentato nel suo periodo di uscita un ritorno alle origini, ai classici jrpg senza troppi fronzoli, come siamo stati abituati noi giocatori degli anni 90 ed addietro.
Octopath Traveler fu un faro nel buio per tutti quei giocatori che, come me, ricercavano la semplicità e quel gameplay un po’ “grezzo” che aveva caratterizzato pietre miliari come Final Fantasy o Chrono Trigger (giusto per citarne due a caso), caratteristiche che con l’avanzare del tempo e dei mezzi tecnologici si sono andate a perdere a favore di un gameplay più permissivo e più orientato all’azione e alla spettacolarità.
Non che questi siano punti a sfavore, ma il primo risultato decente in questo senso è stato raggiunto con Final Fantasy VII Remake dopo i risultati alquanto deludenti di Final Fantasy XIII e XV.
“Dammi quindi qualcosa di semplice, apprezzabile e divertente da giocare piuttosto che un film interattivo”, questo chiedevo a Octopath Traveler: Champions of the Continent, ma non me l’ha saputo dare.
Partiamo dal principio.
Octopath Traveler: Champions of the Continent si presenta come un prequel del primo capitolo per Nintendo Switch, volto ad offrire un background sul continente, sulla sua storia e la sua politica.
Il giocatore potrà scegliere la sua “vocazione” principale all’interno della storia, ovvero la ricerca di ricchezza, fama o potere (c’è stato un uomo che ha ottenuto tutto questo…).
La scelta non preclude in alcun modo il raggiungimento di tutti e tre gli obiettivi, che seguono tre main story quest distinte, ma serve solamente come punto di partenza allo stesso modo in cui lo faceva la scelta di uno degli otto protagonisti nel primo capitolo.
Il sistema di combattimento, la colonna sonora, lo stile grafico sono pressoché identici a quelli del suo predecessore, il che non è per forza un male perché erano al top e lo sono ancora. Non mi sono mai stufato della traccia delle battaglie, ogni volta che parte mi gasa da morire e ha saputo alleviare le sofferenze provocate dal giocare a questo Octopath Traveler, ci arrivo tra un momento, preparatevi.
Il vero problema di Octopath Traveler: Champions of the Continent si manifesta già dopo una manciata di minuti. Il gioco ci ricorda infatti che è un titolo gratuito e che siccome di bello e gratis non c’è niente, esiste una apposita sezione in cui riversare il proprio denaro sonante, ad una voce del menù caratterizzata da una bella fiamma blu luminescente, proprio per essere sicuri che non scappi all’occhio di nessuno.
Ovviamente Octopath Traveler: Champions of the Continent è un gacha game, ed è questo un male? Assolutamente No. É realizzato male?
Dal punto di vista del giocatore, assolutamente SI.
Il termine gacha è stato demonizzato nel recente periodo per via dei numerosi titoli di questo genere che sono sbucati come funghi dopo il successo planetario di Genshin Impact, ma il genere esiste da anni, e se prima non si trattava di “pullare” per trovare dei personaggi, “spacchettare” per trovare le varie carte leggendarie e mitiche in Hearthstone o Magic Origins era solamente un modo differente di fare la medesima cosa.
Il vero problema di questo Octopath Traveler: Champions of the Continent è che è studiato per essere una macchina spilla soldi all’ennesima potenza.
Se il primo Octopath Traveler aveva a cuore i propri giocatori offrendo un gameplay nostalgico ed “atipico” per il periodo, questo nuovo titolo odia i propri giocatori, e fa di tutto per impedire loro di progredire.
Posso livellare? Ah, non posso?
In ogni buon jrpg che si rispetti il ritmo di progressione è ben scandito sia dalla storia che dal sistema di leveling di sorta. I nostri protagonisti “crescono” sia a livello mentale (attraverso le esperienze vissute), che a livello fisico (letteralmente livellando attraverso gli scontri). Questo crea un’alternanza tra la progressione a livello puramente narrativo e le parti di gameplay che a lungo andare diventano tediose e stucchevoli, specialmente in giochi con random encounters, in cui l’esplorazione si protrae nel tempo più del normale, poiché continuamente spezzata dagli scontri.
Il tutto suscita nel giocatore un senso di completezza, sia per aver scoperto nuovi risvolti narrativi sia per aver ottenuto un upgrade di potenza, con nuove mosse, abilità e numeri sempre più pomposi.
In Champions of the Continent tutto questo non succede.
Prima di tutto perché le parti di trama sono completamente svincolate dal resto del gioco e per nulla immersive; a questo va aggiunta un’esplorazione incredibilmente vincolata, con libertà è quasi nulla e percorsi sotto forma di semplici binari in cui la maggiorparte dei bivi risultano essere inutili a causa di cartelli che ripetono al giocatore che “non può passare di qua” giusto per venir poi rimossi dall’avanzare della trama.
Senza preavvisi né ragioni i cartelli servono semplicemente per impedire al giocatore di raggiungere le aree di livello più elevato, non sia mai che si possa distruggere la necessità di pullare cose con i soldi reali a causa di eccessiva skill con cui eliminare i mostri dell aree più avanzate.
Si perde così tutto quel senso di avventura e di paura che si poteva provare nell’incontrare casualmente un mostro di 50 livelli superiore al party che ci rispediva direttamente alla schermata del titolo dopo un bel Game Over, nel caso in cui non fossimo riusciti a fuggire.
In secondo luogo il leveling è praticamente impossibile. Affrontando mostri di pari livello una volta raggiunto all’incirca il livello 20 la curva di esperienza necessaria per raggiungere il livello successivo si impenna, ma non fanno lo stesso i mostri affrontati. Parlo di numeri quali 3000 punti exp per salire di un livello contro una cinquantina di punti lasciati da un gruppetto di mostri random. Una cifra irrisoria, e che lo diventa ancora di più con il progredire dell’avventura.
Come si sale di livello quindi? Beh si possono usare dei consumabili che vengono trovati randomicamente (e finiscono ben presto esauriti) oppure si può far ricorso a Cait, un mostro che ritorna dal primo titolo e che funge da vera e propria dispensa di esperienza.
Si può trovare in alcuni percorsi, molto raramente, oppure si può affrontare direttamente dal menu di gioco per 3 volte al giorno… dopo aver guardato la pubblicità.
E questo è effettivamente il modo più efficace di livellare la propria squadra perché 3 incontri da 1 minuto l’uno (pubblicità compresa) ci ricompenseranno con decine di migliaia di punti exp, rendendo questa pratica praticamente imprescindibile, seppur sia possibile utilizzarla solamente tre volte al giorno.
Magari una feature gradita dai giocatori super casual, che giocano pochi minuti al giorno e preferiscono skippare tutti gli scontri non obbligatori, ma certamente non da me.
A tutto questo problema si aggiunge il fattore gacha. Se in un classico jrpg ottenere un nuovo membro del party è programmato e quindi lo porta (generalmente) ad unirsi alla squadra ad un livello pressoché simile, qui qualsiasi personaggio otterremo dai nostri pull sarà al livello 1 rendendolo inutilizzabile per un bel po’ di tempo una volta tanto più proseguiremo nel gioco; il tutto a meno che non si vadano ad investire sul singolo personaggio appena pullato tutti i materiali a nostra disposizione.
JRPG-RNG
Il fattore casualità non è poi d’aiuto nella formazione del nostro party e nel suo equilibrio.
Chi ha giocato il primo Octopath Traveler ricorderà bene una delle sue meccaniche peculiari, ovvero il sistema di debolezze dei nemici preso pari pari dal press turn di Shin Megami Tensei.
Ciascun nemico possiede un determinato numero di debolezze che vanno scoperte provando su di esso diversi attacchi, sia con differenti tipologie di armi, che con i vari elementi. Un nemico colpito da un tipo di attacco a cui è debole perderà uno dei suoi “punti vigore” e una volta scesi a zero resterà stordito per un turno, oltre a subire danni aggiuntivi.
Ora, in un party predeterminato questa meccanica di scoperta e sfruttamento dei punti deboli può essere perfettamente integrata per farsi largo in breve tempo tra gli sciami di random encounters e soprattutto per sconfiggere agevolmente i temibili boss che vengono affrontati, ma cosa succede se non si può determinare quali membri saranno nel party? Il caos più totale.
Party di personaggi ridondanti e Boss che hanno punti deboli che non possono essere colpiti da nessun membro del party, diventano dei muri insormontabili e ci costringono ad overlivellare, cosa che però richiede secoli e la soluzione diventa… spendere dei soldi per tentare la fortuna.
Per una qualche ragione misteriosa ed oscura inoltre non esistono oggetti curativi in battaglia (le cure sono affibbiate ad una nuova meccanica, in cui i personaggi nelle retrovie recuperano gradualmente PV e PM, che però è molto inconsistente) e se l’unico damage dealer della squadra dovesse per puro caso perire durante il boss, potrete dire addio alla vostra battaglia.
Tirando le somme
Questo Octopath Traveler: Champions of the Continent è un piatto che non sa di nulla, non mi sono divertito e l’unica cosa che mi ha spinto ad aprirlo dopo il terzo giorno era la speranza che sarebbe migliorato andando avanti, ma sono stato disilluso.
I due generi jrpg e gacha, squilibrati come sono in questa ricetta, mal si sposano ed il fattore collezionismo è poco incentivato dal fatto che la grafica in pixel art non lascia molto spazio per i dettagli da gustare con gli occhi.
C’era davvero bisogno di rovinare una così bella IP relegandola a semplice macchina spilla soldi, priva di anima e con poco rispetto per i suoi giocatori?
A quanto pare per Square Enix era necessario e possiamo solo sperare che rimanga un unicum e che ritornino sui propri passi riproponendoci dei titoli validi e che possano essere veramente apprezzati e ricordati.