Quando Google ha deciso di chiudere la divisione Games and Entertainment di Stadia è stato annunciato che in futuro si sarebbe lavorato per offrire a terzi le capacità di streaming del servizio di cloud gaming di Big G. Molti hanno interpretato questo come un segno di resa da parte di Google, incapace di sfruttare al meglio un prodotto in un certo senso rivoluzionario come Stadia, altri hanno invece intravisto nuove opportunità di espansione per una tecnologia destinata a diventare la spina dorsale dei servizi di streaming videoludico.
Oggi, grazie a Warner Bros ed AT&T, finalmente si può toccare con mano – perlomeno in America – il primo esempio di Stadia che agisce dietro le quinte come fornitore di servizi. In dettaglio tutti i clienti AT&T Wireless possono giocare ad una Tech Demo di Batman: Arkham Knight in streaming direttamente dai loro PC su browser Chrome o Edge.
Dopo aver effettuato l’accesso con i propri dati della compagnia telefonica, il cliente viene riportato ad una landing page con FAQ ed un bel pulsante con la dicitura “Gioca ora gratis” che permette una esperienza di streaming identica a quella che i giocatori di Stadia vivono sul portale Google.
Scavando a fondo, mentre la voce Stadia non è mai menzionata sulla pagina, le richieste web necessarie per avviare lo streaming si collegano tutte ai server di Google e menzionano “Cloudcast“, che è uno dei nickname interni utilizzati per la tecnologia di Stadia.
Gli stessi rappresentanti della compagnia telefonica Americana hanno successivamente confermato l’utilizzo dell’infrastruttura di Google
Sì, stiamo utilizzando la tecnologia di Stadia per questa demo. Batman: Arkham Knight può essere giocato direttamente sul web da qualsiasi computer”
Sembra quindi che la strada intrapresa da Google sia proprio quella di “prestare” Stadia a chiunque voglia sfruttarne l’infrastruttura per offrire servizi di Cloud Gaming. Che possa essere una scelta più remunerativa rispetto al produrre in casa giochi AAA?
Stadia è bella, Stadia è rivoluzionaria, ma gli altri sono già un passo avanti
Il tempo passa in fretta e rapidamente ci stiamo avvicinando al secondo anniversario del lancio di Google Stadia. Indubbiamente il servizio è cresciuto da quel 19 Novembre 2019: sono supportati più di 200 giochi, tante delle features promesse sono state implementate e, in un modo o nell’altro, il servizio è ancora vivo e vegeto. Tuttavia con il passare del tempo i vantaggi che Stadia aveva sulla concorrenza stanno via via esaurendosi, soprattutto perché i competitors hanno battuto Google presentando aggiornamenti Hardware importanti.
Solo nelle ultime settimane sia Microsoft che Nvidia hanno annunciato un restyling dei cuori pulsanti dietro i loro servizi di cloud gaming. M ha ufficialmente completato il rollout del nuovo hardware Xbox Series X per xCloud, mentre N ha dato il via ai lavori per un massiccio aggiornamento di GeForce Now, che sarà in grado di offrire framerate più veloci rispetto a stadia ed andrà a equipararsi alla risoluzione in 4K, diventato ormai IL gold standard.
Poi, c’è Stadia.
Il servizio non è cambiato affatto sotto il profilo delle prestazioni dal suo lancio, il che non è esattamente una cosa terribile. Stadia offre ancora streaming 4K con una qualità che è ancora la migliore nel settore, e con il gameplay meno “ballerino” di tutti.
È semplice, Google Stadia funziona! Tuttavia, l’hardware su cui gira sta iniziando a mostrare la sua età ed implora un aggiornamento.
Un esempio lo si ritrova in Far Cry 6. L’ultima fatica di Ubisoft (qui la nostra recensione) su Stadia si mostra più in linea con le versioni “Old-Gen” che con PS5 ed XBSX, tant’è che a livello di grafica e framerate risulta si a 4K – per i possessori di abbonamento Pro – ma con un framerate bloccato a 30fps. Poi ci sono giochi come Ark, arrivato su Stadia con una grafica a dir poco vergognosa rispetto alle altre piattaforme.
Ottimizzando al meglio le risorse, e migliorandole sia chiaro, c’è tanto che può essere fatto su Stadia. Lo dimostra FIFA 22 (si, abbiamo recensito anche FIFA qui) che, a differenza di quanto fa su PC, offre la tecnologia Hypermotion – che è appannaggio delle console Next-Gen – anche sulla piattaforma Google, con alcune limitazioni del caso.
Con l’annuncio di Stadia, Google ha proposto una idea di aggiornamenti hardware ciclici decantandola come un vantaggio della piattaforma. Con nuovi “pezzi sotto il cofano” il servizio di cloud gaming era destinato a fornire, nel tempo, un gameplay 8K e 120fps. Io fino ad ora non ho sentito nulla a riguardo però.
In una vecchia intervista John Justice, ex Vice Presidente ed Head of Product di Stadia, dichiarò che Google era a lavoro per aggiornare ogni componente della sua infrastruttura dedicata al cloud gaming, ma che non avremmo mai ricevuto notizie con troppo anticipo. Effettivamente non ne abbiamo ricevute, ma è chiaro che si sta raggiungendo quel punto di non ritorno, quel punto in cui Google Stadia non è più l’avanguardia della tecnica perché tutti gli altri hanno recuperato – se non sorpassato addirittura – il loro progenitore.
La lista delle priorità di Stadia sicuramente vede in posizioni più “privilegiate” la costanza di rilascio dei giochi e delle serie videoludiche più seguite, e penso a FIFA ed NBA 2K – abbiamo avuto le versioni 22 dei rispettivi titoli, mi aspetto che ci arrivino anche i prossimi capitoli – così come il lancio sul servizio di altri prodotti ad oggi assenti ma rilasciati sulle altre piattaforme. Qualcuno ha detto eFootball? Alan Wake Remastered? Kena Bridge of Spirits? Giusto per citare alcuni degli ultimi usciti dei quali non c’è neanche l’ombra di una notizia per quanto riguarda il loro approdo su Stadia.
Un aggiornamento sotto il cofano per Stadia avrebbe un grandissimo impatto non solo sulle possibilità date agli sviluppatori di poter sfruttare un Hardware più performante, ma darebbe l’idea che Google crede ancora nella sua creatura per un progetto a lungo termine. O quantomeno farebbe credere a noi utenti finali che Stadia non è un’idea alla quale potrebbe essere staccata la spina da un momento all’altro.
Io, nel mio piccolo, provo a crederci. Tant’è che mentre scrivevo questo articolo ho ricevuto questo: