Il mondo dei videogame è cambiato, in maniera forse lenta, ma inesorabile. Dalla corsa alla copia fisica siamo passati all’era del digitale, abbandonando quasi completamente il concetto stesso di “proprietà” in favore della flessibilità delle licenze, favorendo la nascita di servizi come il Game Pass che, fino a qualche tempo fa, erano pura utopia. Tuttavia, uno dei fenomeni di spicco degli ultimi tempi, oramai sempre più al centro del gossip videoludico, è senza dubbio rappresentato dalle acquisizioni.
È notizia recente che Sony abbia reso Housemarque uno dei suoi studi first party, andando così a rimpolpare i ranghi dei prestigiosi Playstation Studios. Dall’altra parte della barricata, invece, si iniziano a vedere i primi effetti dell’acquisto di ZeniMax Media, attraverso una conferenza Microsoft che ha messo in mostra una line up di titoli di assoluto valore, culminati con l’annuncio di Starfield, il nuovo blockbuster Bethesda in esclusiva su Xbox e PC.
Paradossalmente, gran parte dell’attenzione mediatica si è spostata dai videogame in uscita a quale potrà essere il prossimo “colpo di mercato” dei principali attori dell’industria di settore.
È l’inizio del “calciomercato videoludico“, un’epoca in cui le notizie sui nuovi titoli in sviluppo saranno affiancate da articoli riguardanti acquisizioni, fusioni, consolidamenti societari e “trattative” nel più ampio senso del termine. Proprio in base a quanto ora scritto, saranno parecchie le analogie ed i riferimenti al mondo del calcio.
Nelle righe che seguono, cercheremo di analizzare il fenomeno indicato, chiarendone natura, caratteristiche, pro, contro e, soprattutto, quale politica societaria lasciano presupporre manovre del genere.
Partiamo dai fondamentali.
Che cos’è un’acquisizione societaria?
Le acquisizioni (o fusioni a seguito di acquisizione) sono un’operazione finanziaria definita (in Italia) all’articolo 2501 e seguenti del Codice Civile, con cui, di fatto, una società acquirente prende il controllo di un’altra, acquisendone le attività e le passività.
Spesso si verifica che l’impresa acquisita cessi di esistere, divenendo di fatto un asset dell’acquirente, ma è altrettanto comune che essa conservi la sua identità, soprattutto quando si tratta di brand rilevanti (come nel caso di Bethesda). Va da sé che, nel mondo dell’imprenditoria, le acquisizioni sono diventate pratica invalsa, consentendo al compratore tanto di diversificare il suo capitale, quanto di potersi espandere, diventando una realtà ancora più solida ed affermata.
Come ogni operazione finanziaria, il fine ultimo di acquisizioni e fusioni è sempre il medesimo: generare un guadagno. Affinché la transazione sia giustificata, infatti, le due (o più) aziende, insieme, devono acquisire un valore maggiore rispetto a quelli che avevano da “separate”.
Ma quali sono i vantaggi di un’acquisizione? La risposta non è univoca, ma si colloca sempre nel campo dell’aumento dei guadagni della società acquirente. Che si tratti del raggiungimento di economie di scala, dell’accesso ad un nuovo mercato finanziario, della combinazione di risorse complementari, o anche di una semplice nuova opportunità di crescita, operazioni di questo tipo sono oramai indispensabili per le imprese multimiliardarie che, ai fini della loro stessa sopravvivenza, sono quasi costrette ad espandersi.
Dal punto di vista finanziario, nel caso in cui si tratti di acquisizioni contabilizzate (e quindi soggette a tassazione), queste operazioni generano una vera e propria rivalutazione degli asset societari, creando un effetto che va sotto il nome di “plusvalenza”, termine che chi segue il calciomercato conosce benissimo.
Che cosa si guadagna da un’acquisizione? Anche qui, la risposta è da ricercare in un ventaglio di cinque diverse possibilità:
- aumento delle entrate (derivante ad esempio dall’aumento del potere dell’impresa sul mercato);
- riduzione dei costi (un’impresa grande ha spesso costi minori di due o più imprese piccole);
- tasse più basse (generate dalla capacità di indebitamento inutilizzata, fondi in eccesso, rivalutazione dei beni, ecc.);
- cambiamento dei requisiti patrimoniali;
- un minor costo del capitale;
Come è possibile constatare, i vantaggi derivanti da un’operazione finanziaria del genere sono notevoli, rendendo l’acquisizione una mossa ideale per qualsiasi società che disponga di fondi in eccesso.
La campagna acquisti Microsoft
L’ultimo colpo di mercato dell’azienda di Redmond risale allo scorso 21 Settembre 2020 ed ha costituito un evento epocale. L’acquisizione di ZeniMax Media ha infatti rappresentato forse l’unico caso in cui non un singolo studio di sviluppo, ma un’intera holding del settore (tra l’altro una delle più grandi ed affermate) veniva interamente inglobata attraverso un’acquisizione orizzontale (che avviene tra due imprese che operano nello stesso settore). La cifra di 7.5 miliardi di dollari sembra enorme ma, come andremo a vedere a breve, non rappresenta affatto il costo più alto sostenuto dalla grande M per rinforzarsi.
Come riportato da StartupItalia, la prima acquisizione targata Microsoft è avvenuta circa 12 anni dopo la sua fondazione. Era il lontano 1987 quando Bill Gates e Paul Allen staccano un assegno da 14 milioni di dollari per acquisire Forethought, sottraendola ai rivali di Apple. Probabilmente il nome menzionato in precedenza non vi dirà molto, ma è decisamente probabile che abbiate usato almeno una volta il software che ha consegnato questa sviluppatore alla storia: PowerPoint.
Da quel momento in poi le acquisizioni (sia orizzontali che verticali) diverranno una costante per Microsoft: ben 195 acquisti, generando una pioggia di milioni di dollari che ha toccato 22 diverse nazioni. Come sempre accade nelle grandi campagne acquisti, non sono mancati i flop (l’acquisizione di Danger per 500 milioni di dollari, di aQuantive per 6.3 miliardi di dollari, o di Nokia per 7.2 miliardi di dollari), ma diversi sono stati i “fuoriclasse” che hanno reso l’azienda di Redmond leader assoluto del settore. Sotto questo aspetto, non è possibile non menzionare le acquisizioni di Hotmail, Visio e Skype (ad oggi l’acquisizione più onerosa, costata ben 8.5 miliardi di dollari) che hanno definito le funzionalità di Windows come noi oggi le conosciamo.
Tuttavia, se le “campagne acquisti” hanno da sempre contrassegnato le politiche Microsoft, è dal 2014 che questo tipo di operazione si è intensificato, soprattutto in ambito gaming. Con l’arrivo di Satya Nadella, attuale CEO della società, in neanche otto anni il colosso americano ha realizzato ben 12 acquisizioni riguardanti il settore videoludico, il doppio di quelle portate a termine in tutta la sua storia, culminate con l’acquisto di ZeniMax, il CR7 del videogame.
Non è sempre stato reso pubblico il “prezzo del cartellino” dei colpi portati a segno, ma possiamo affermare che, sotto questo aspetto, la cifra spesa da Microsoft per rafforzare gli Xbox Game Studios supera complessivamente i 10 miliardi di dollari.
L’approccio Microsoft al mercato
Studio di sviluppo | Data di fondazione | Data di acquisizione | Costo di acquisizione (se dichiarato) |
343 Industries | 2007 | – | – |
The Coalition | 2010 | – | – |
Compulsion Games | 2009 | 2018 | – |
Double Fine Productions | 2000 | 2019 | – |
The Initiative | 2018 | – | – |
inXile Entertainment | 2002 | 2018 | – |
Mojang Studios | 2009 | 2014 | $2.500.000.000 |
Ninja Theory | 2000 | 2018 | – |
Obsidian Entertainment | 2003 | 2018 | – |
Rare | 1985 | 2002 | $375.000.000 |
Turn 10 Studios | 2001 | – | – |
Undead Labs | 2009 | 2018 | – |
World’s Edge | 2019 | – | – |
GRUPPO ZENIMAX MEDIA | $7.500.000.000 (costo complessivo) | ||
Alpha Dog Games | 2012 | 2021 | – |
Arkane Studios | 1999 | 2021 | – |
Bethesda Game Studios | 2001 | 2021 | – |
id Software | 1991 | 2021 | – |
MachineGames | 2009 | 2021 | – |
Roundhouse Studios | 2019 | 2021 | – |
Tango Gameworks | 2010 | 2021 | – |
Zenimax Online Studios | 2007 | 2021 | – |
Sulla base di quanto scritto in precedenza, e volendo portare avanti il binomio “videogame – calciomercato”, potremmo definire le politiche della grande M simili a quelle delle più grandi società calcistiche; tuttavia, se dovessimo scegliere dei club che, più di tutti gli altri, si avvicinano alla filosofia della società statunitense, questi non potrebbe che essere il Real Madrid ed il Manchester City.
Il primo team non ha veramente bisogno di presentazioni: ritenuto urbe et orbi la squadra di calcio per eccellenza, il club di Chamartín è da sempre il sogno proibito di chiunque indossi una casacca. Ciò che avvicina il Real (soprattutto il Real di Florentino Perez) a Microsoft è la capacità di attirare i più importanti interpreti del ruolo, riuscendo spesso ad allestire delle rose leggendarie, composte dai migliori calciatori del globo.
Tuttavia, se il Real Madrid è una società che da sempre è presente nello scacchiere calcistico mondiale, lo stesso non si può dire per Microsoft, che ha fatto il suo ingresso nel mondo delle console solo nel 2001, con la prima Xbox. Proprio per questa ragione, sussiste il paragone con il Manchester City: l’ex “squadra minore” di Manchester si è affacciata al calcio che conta dalla stagione 2009-2010, con l’ingresso in società del principe emiratino Mansur. Da quel momento in poi, il City è riuscito ad acquistare i cartellini di alcuni dei più importanti calciatori in circolazione ma, sotto la guida di Pep Guardiola, è ancora alla ricerca della sua consacrazione definitiva tra le big europee.
Tornando al gaming, Microsoft, pur essendo il più “giovane” attore in scena, ha attuato le stesse politiche applicate nel settore informatico: crescere ed ingrandirsi subito, acquistando tutti i fuoriclasse sul mercato, senza badare a spese e sottraendoli alla concorrenza. Le acquisizioni dell’azienda americana hanno quasi sempre riguardato società già affermate, capaci di poter accrescere sin da subito il valore ed il fascino della grande M.
Così come avvenuto per il City, anche Microsoft è vuole raggiungere il gradino più alto del podio, ma è stata frenata da una old gen tutt’altro che esaltante, che al momento vede 52 milioni di Xbox One vendute contro gli oltre 114 milioni di Playstation 4.
Allo stato attuale, così come avvenuto con il calcio, anche la current gen stato vivendo una fase di stallo: le nuove console sono introvabili, e non si sa precisamente quando la situazione riuscirà a sbloccarsi. Tuttavia, rispetto al recente passato, Microsoft sembra aver cambiato marcia, puntando maggiormente sui servizi (qualcuno ha detto Game Pass?), ma senza dimenticare di sottrarre terreno alla concorrenza.
Diciamocelo chiaramente: una nona generazione con la gran parte (o tutti) i titoli Bethesda in esclusiva Microsoft, disponibili sin dal day one sul “Netflix dei videogiochi”, sembra un affare irrinunciabile per qualsiasi consumatore.
Come ha reagito Sony a questa campagna acquisti che sembra non essersi ancora conclusa?
La campagna acquisti Sony
Studio di sviluppo | Data di fondazione | Data di acquisizione | Costo di acquisizione (se dichiarato) |
Bend Studio | 1993 | 2000 | – |
Guerrilla Games | 2000 | 2005 | – |
Housemarque | 1995 | 2021 | – |
Insomniac Games | 1994 | 2019 | – |
London Studio | 2002 | – | – |
Malaysia Studio | 2020 | – | – |
Media Molecule | 2006 | 2010 | – |
Naughty Dog | 1984 | 2001 | – |
Nixxes Software | 1999 | 2021 | – |
Pixelopus | 2014 | – | – |
Polyphony Digital | 1998 | – | – |
San Diego Studio | 2001 | – | – |
San Mateo Studio | 1998 | – | – |
Santa Monica Studio | 1999 | – | – |
Sucker Punch Productions | 1997 | 2011 | – |
Team Asobi | 2012 | – | – |
XDev | 2000 | – | – |
Sin dal passaggio di proprietà di ZeniMax, parte della fanbase Sony ha cominciato a chiedere a gran voce una risposta a questo colpo di mercato. Le voci si sono susseguite per mesi, alimentando voli pindarici che addirittura ipotizzavano (o speravano) l’acquisizione di publisher del calibro di Konami. Ebbene, il gigante nipponico, dopo aver reso Insomniac Games uno dei suoi studi first party, ha rimpolpato i ranghi dei Playstation Studios con Team Asobi (autore di Astro’s Playroom), Housemarque (il team dietro titoli come Resogun e l’esclusiva PS5 Returnal, di cui potete leggere la nostra recensione cliccando qui) e Nixxes Software (team specializzato nella realizzazione di porting da console a PC).
Come dite? Vi sembra “poca roba”? E allora è decisamente il caso di dare uno sguardo più approfondito alle precedenti campagne acquisti di Sony, nonché alla filosofia che da sempre accompagna questa società.
Osservando il numero e la composizione dei developer che compongono i Playstation Studios, è possibile notare sin da subito due caratteristiche fondamentali: il numero consistente ma non eccessivo degli sviluppatori (soprattutto se il termine di paragone è Xbox Game Studios) e la collaborazioni di lunga data con Sony, per la realizzazione di titoli esclusivi.
Facciamo qualche esempio tra team “storici” ed “ultimi arrivati”.
A partire dal 2013, Housemarque ha realizzato titoli approdati unicamente su piattaforme Sony, con l’eccezione del solo Nex Machina; questo percorso ha avuto il suo culmine con la realizzazione di Returnal, vera prova di maturità dello studio finlandese, e con il suo recente ingresso nei first party Sony. Un discorso simile può farsi per Sucker Punch che, prima della sua acquisizione (avvenuta nel 2011), aveva praticamente realizzato quasi solo esclusive Playstation.
Spostiamoci ora al fiore all’occhiello del colosso giapponese: Naughty Dog. Nonostante lo studio di sviluppo statunitense sia stato fondato nel lontano 1984 (diventerà uno sviluppatore Sony solo nel 2001), è possibile notare che, dalla pubblicazione di Crash Bandicoot in poi (avvenuta nel 1996), si è instaurata una collaborazione pressoché esclusiva con Sony che, circa cinque anni dopo, porterà alla sua acquisizione.
Volendo cercare di dare un nome a quanto abbiamo constatato nelle righe precedenti, il termine più adatto è: apprendistato. Ad esclusione di dev come Polyphony e Santa Monica Studio (nati già come team interni), tutti gli altri membri degli attuali Playstation Studios hanno iniziato a relazionarsi con Sony quando erano realtà creative piccole ed emergenti e, dopo un “provino” della durata di 5 o 7 anni, sono entrati a far parte della famiglia Playstation.
L’approccio Sony al mercato
Siamo molto selettivi riguardo agli sviluppatori che inglobiamo nei nostri studi. Cerchiamo sempre persone che abbiano un insieme di valori simili, ambizioni creative simili e lavorino molto bene con il nostro team, in modo da poter investire ulteriormente su di loro e aiutarli a crescere come creatori. Si tratta di acquisizioni molto, molto mirate di team che conosciamo bene.
Con queste parole, Hermen Hulst, il capo di Playstation Studios, ha sia accolto Housemarque che ribadito la filosofia che da sempre contraddistingue i colpi di mercato della sua azienda. Poche operazioni, ma mirate, solo con team di cui l’azienda conosce il modus operandi e che hanno già dato prova di potersi integrare con il mondo Sony.
Se il nostro lato pallonaro ci ha visto accostare Microsoft a club del calibro di Real Madrid e Manchester City, Sony, per filosofia ed approccio, è la realtà dell’industria videoludica che più si avvicina al Barcellona. Come tutti gli appassionati di calcio sicuramente sapranno, la società catalana ha rappresentato un unicum tra i top team mondiali, riuscendo a creare una rosa di giocatori di primissimo livello quasi ad “impatto zero“, in quanto frutto del settore giovanile, la cosiddetta cantera.
Il lavoro del Barça ha avuto una gestazione durata anni, trovando il suo apice nel periodo che va da 2008 al 2015, che ha visto la squadra trionfare sia in patria che in Europa, toccando il tetto del mondo con oltre metà della formazione titolare proveniente dalla Primavera.
Così come il club catalano ha avuto il merito di plasmare tanti giovani di talento, allo stesso modo Sony ha sempre scelto di lavorare con sviluppatori altrettanto giovani, guidandoli in un percorso di crescita graduale e portandoli al successo; tutto questo senza mai interferire sul processo creativo, lasciando carta bianca agli sviluppatori.
Sony ci ha messo in questa fantastica situazione in cui non abbiamo nessun produttore; non abbiamo nessuna interazione con i quadri dirigenziali Sony nella fase di sviluppo.
Queste parole di Keith Guerrette, lead effect artist di Naughty Dog, rilasciate ai microfoni di IGN nel 2016, rafforzano ancora di più il concetto espresso in precedenza: crescita graduale e totale libertà creativa. D’altra parte, non è proprio questa la conditio sine qua non per lo sviluppo di titoli del calibro di The Last of Us Parte II?
Quali saranno le prossime mosse di Sony e Microsoft?
Come recitava un vecchio adagio: il possibile lo facciamo, l’impossibile cerchiamo di farlo, per i miracoli ci stiamo attrezzando. Scherzi a parte, neanche l’infallibile pendolino di Maurizio Mosca potrebbe rivelarsi uno strumento adatto alla previsione dei piani futuri di questi due giganti del videogame. Nonostante quanto ora detto, è possibile però farsi un’idea di quali possano essere le priorità delle due società.
Microsoft, per disponibilità economiche e velleità espansionistiche, è probabilmente il soggetto più difficile da decifrare, ma l’impressione generale è che per l’azienda di Redmond, dopo aver seminato come meglio non avrebbe potuto, stia per giungere il momento del raccolto. I tanti team creativi acquisiti negli anni precedenti stanno per dare alla luce i loro primi lavori e, da qui alle prossime vacanze di Natale, dovremmo poter mettere le mani su almeno quattro grosse esclusive della grande M: la versione console di Flight Simulator, Forza Horizon 5, Starfield e Halo Infinite.
Non sono ovviamente da escludere altre acquisizioni, ma risulta difficile identificare sviluppatori e publisher che facciano al caso di Microsoft (soprattutto dopo l’acquisto a sorpresa di ZeniMax). Proprio per questa ragione, è altamente probabile che, nei mesi a venire, l’azienda di Redmond si focalizzi nel potenziamento delle sue infrastrutture e dei suoi servizi (xCloud su tutti), magari stipulando nuove partnership per rendere ancora più irresistibile il catalogo Game Pass.
Mai come stavolta, Xbox sembra avere tutte le carte in regola per fare sua questa nona generazione, ma deve ancora fare i conti con un avversario che, nonostante sia sparito dagli scaffali di tutto il mondo, continua a dominare il mercato console con quasi 8 milioni di hardware venduti in nemmeno un anno dal lancio. Stiamo ovviamente parlando di Playstation 5.
Se Microsoft sta per vedere i frutti dei suoi enormi investimenti, Sony ha già pubblicato diverse esclusive di peso. Dopo Returnal e Ratchet & Clank: Rift Apart, il prossimo main event in programma è la release di Horizon II Forbidden West, che avrà il non semplice compito di contendersi la stessa finestra di lancio della nuova avventura di Master Chief.
Come sottolineato in precedenza, ancora una volta Sony parte da una posizione di forza, e sta sfruttando il suo vantaggio per pianificare con attenzione il suo futuro a medio e lungo termine. Le acquisizioni di Housemarque e Nixxes Software lasciano intendere che, da una parte, la società giapponese sta reclutando nuovi creativi e, dall’altra, sta prendendo in considerazione l’approdo di altri suoi titoli esclusivi su PC.
Non aspettiamoci campagne acquisti faraoniche: non sono né nelle disponibilità economiche né nello stile Sony; ma prepariamoci ad altre new entry di rilievo nei Playstation Studios, e tutti gli indizi portano a Bluepoint Games, distintosi per gli strepitosi remake di Shadow of the Colossus e Demon’s Souls. Infine, il futuro della società nipponica non può non passare per un miglioramento della qualità dei suoi servizi, tra cui un potenziamento a 360 gradi del PS Now.
Il futuro, si sa, è tutto da scrivere, ma come ogni appassionato di calcio sa benissimo, da un mercato così rovente, la parola passa al campo, che è l’unico, vero giudice. Come sempre, saranno gli utenti a decretare chi avrà effettuato i colpi migliori, e siamo sicuri del fatto che ce ne siano tantissimi che non vedono l’ora di mettere la palla al centro, in attesa del tanto agognato fischio di inizio.