Witcheye | Recensione: il ritorno del platform in 16 bit

Witcheye

Il genere platform è stato ampiamente esplorato, tanto negli anni ’80 e ’90 quanto al giorno d’oggi. Protagonisti se ne sono visti di ogni genere, eppure il protagonista di Witcheye resta attualmente imbattuto in quanto a originalità: nel gioco siamo infatti chiamati a impersonare l’occhio di una strega.

Sviluppato da Moon Kid per Devolver Digital e pubblicato prima su mobile e poi su Nintendo Switch – la nostra recensione si basa proprio su questo porting -, Witcheye racconta infatti la storia di una strega che, tramite il suo occhio, viaggia per inseguire un cavaliere dalla dubbia morale che le ha rubato alcuni ingredienti fondamentali per i suoi intrugli magici.

Ritorno al passato

Particolarità del gioco, oltre al suo atipico protagonista, è la sua totale immersione nel passato: Witcheye si presenta immediatamente come un gioco d’altri tempi, con grafica e colonna sonora a richiamare lo stile dei videogiochi in 16 bit. Brevemente accennata la storia di cui sopra, ovviamente narrata con sole immagini e niente testo, il gioco ci catapulta subito nel primo dei livelli con cui è strutturato.

Anche la struttura non poteva che essere squisitamente vintage: con “mondi” suddivisi in livelli, chiamati come nei vecchi episodi di Super Mario “1-1”, “1-2”, “1-3” e via dicendo, anche in questo senso Witcheye risponde pienamente a quelli che erano gli standard dei videogiochi del passato. I livelli sono corti e pieni di insidie – sebbene la difficoltà sia un po’ altalenante, con momenti estremamente semplici alternati ad alcuni più frustranti senza un vero e proprio procedere -, ciascuno con una boss fight obbligatoria.

Gameplay particolare, con qualche limite

Proprio le battaglie contro i boss sono la parte più divertente dei livelli di Witcheye: ognuno di loro ha punti deboli e movimenti diversi, che vanno ad aggiungere del pepe al gameplay, già piuttosto particolare, di questo platform.

Nascendo infatti come videogioco per mobile, contrariamente a quanto possa suggerire il suo stampo platform old school, il gameplay di Witcheye è studiato appositamente per il touch screen. Così l’occhio, appendice della strega protagonista, si muove in base alla direzione che gli dà il dito senza fermarsi: per arrestarlo è necessario fare un tap sullo schermo, per poi farlo ripartire con un colpetto. Per eliminare i nemici basta colpirli, ma attenzione: molti di loro sono corazzati e, se colpiti nel punto sbagliato, feriranno il protagonista.

Un simile gameplay è decisamente divertente e innovativo, ma presenta alcuni limiti strutturali dovuti al contesto in cui è inserito. Per quanto dia una rinfrescata al solito platform, ci sono momenti dove il movimento continuo e frenetico dell’occhio poco si sposa con quelle che sono le classiche logiche riflessive di un simile gioco: aspettare che il nemico si giri per colpirlo richiede molta più pratica di quanta sia solitamente necessaria, aspetto che alla lunga può risultare un po’ frustrante. Questo, soprattutto, alla luce del fatto che il gioco è concepito per essere terminato, proprio come i videogiochi di una volta, in una sola run della durata di poche ore.

Dall’altra va sottolineato come il porting su Nintendo Switch non aiuti il gameplay: al touch screen, che pure è possibile utilizzare sebbene piuttosto scomodo, si vanno a sostituire tasti e joystick nativi della console. Ciò rende l’esperienza un po’ più confusionaria rispetto all’utilizzo dello schermo di un cellulare, a maggior ragione se la console che si utilizza soffre del cosiddetto “joycon drift”: il gioco richiede da parte del giocatore una sensibilità nell’utilizzo della levetta tale che qualsiasi movimento involontario rischia di compromettere le azioni e la salute del piccolo protagonista.

Pur non senza qualche difetto, Witcheye è un piacevole ritorno al passato: come in una macchina del tempo, l’esperienza di qualche ora che il videogioco fa provare somiglia in tutto e per tutto a una sessione di gioco in un pomeriggio degli anni ’90. Il prezzo al quale è proposto, di soli 4,99€, basta a giustificare l’acquisto: a conti fatti, il divertimento non è oscurato da qualche imperfezione.