Uscito da pochi giorni su Epic Games Store, e disponibile gratuitamente per ventiquattr’ore, Total War Saga: Troy è soltanto l’ultimo di una lunga serie di capitoli pubblicati a poca distanza l’uno dall’altro, quasi senza soluzione di continuità: nemmeno il tempo di abituarsi al precedente, che già sul mercato ne piomba un altro tra capo e collo.
I britannici Creative Assembly, responsabili della storica serie di strategici in tempo reale, erano in effetti entrati da diversi anni in una sorta di comfort zone, almeno prima di pubblicare il più che discutibile Thrones of Britannia, probabilmente il peggior Total War mai visto. Con Troy, dunque, c’era da rimboccarsi le maniche e puntare a rinnovare un po’ una formula ormai fin troppo attorcigliata su sé stessa e sempre meno efficace, un po’ per il passare degli anni, un po’ per novità e progressi – anche tecnologici – che tardavano e tardano ancora ad arrivare.
A ben guardare, nonostante qualche buono spunto e un paio di idee brillanti a livello tattico e gestionale, il compito non può dirsi del tutto riuscito, anche se i passi avanti rispetto al diretto predecessore restano piuttosto evidenti.
Alle origini del mito
Inutile raccontarvi per filo e per segno la storia, soprattutto se a scuola avete avuto un minimo di formazione classica, ma un cappello introduttivo, per dovere di cronaca, ci tocca lo stesso.
Total War Saga: Troy è nient’altro che una riproposizione della classica storia omerica del rapimento di Elena, moglie di Menelao, da parte di Paride, principe di Troia e fratello di Ettore. In seguito a tale atto, Agamennone – fratello di Menelao – riunisce le frammentate popolazioni greche sotto la bandiera achea, coinvolgendo anche eroi come Achille e Ulisse, e dichiara guerra ai Troiani.
La solita solfa, senza troppe novità, sufficientemente fedele a livello di riproposizione storica (dimenticate bestie come minotauri o centauri, che sono sì presenti ma come soldati dalle caratteristiche peculiari), anche più dei vari film che negli ultimi decenni vi si sono ispirati, per quanto possa essere “fedele” una vicenda che si perde nel mito.
Fra spunti positivi e poca libertà
La campagna principale, tuttavia, non è strutturata soltanto attorno alla Guerra di Troia in senso stretto, ma si lega anche ai suoi preparativi, consentendo di osservare la situazione da più punti di vista e impersonare sia il ruolo degli attaccanti che quello dei difensori. In tal senso, il gioco permette anche di scegliere l’eroe protagonista, in un elenco che comprende, fra i Danai, Agamennone, Menelao, Ulisse e Achille, oppure Ettore, Paride, Enea o Sarpedonte fra i Troiani e i loro alleati. Le condizioni di partenza differiscono a seconda dell’eroe scelto, così come la difficoltà dell’intera storia (che può essere facile, normale o difficile).
Visto il contesto, tutte le campagne finiscono prima o poi per intrecciarsi, a differenza di molti Total War, in cui, pur magari legate da un filo rosso a livello narrativo, ognuna se ne andava per i fatti suoi: ciò, indubbiamente, rende Troy il Total War meno “libero” a livello narrativo, legato com’è da trame che partono per forza dal punto A e si concludono allo stesso modo nel punto B. Questa struttura, che potrebbe infastidire più di qualche veterano, è comunque giustificata dall’andamento della narrativa, ma storicamente rappresenta un difetto non trascurabile, che dev’essere messo in conto: le fasi finali di ogni campagna, a causa dell’obiettivo comune interno ad ogni fazione, saranno sempre più o meno simili, fino a giungere ad un punto comune.
Una volta cominciato a giocare, il primo elemento che salta subito all’occhio è la relativa assenza di sostanziali cambiamenti all’interfaccia e alla struttura generale: anche qui ci troviamo di fronte a un capitolo piuttosto classico, anche se non troppo conservativo né eccessivamente “azzoppato” dalle scelte poco felici fatte nel passato recente della serie.
Di base, il gameplay si suddivide in due fasi ben distinte: una gestionale, ambientata sulla mappa – stilizzata – della Grecia e dell’Asia Minore, e l’altra legata alle singole battaglie, in cui il gioco esprime la sua anima da RTS.
La “mappa tattica” include diversi elementi interessanti: benché la trama, come detto, non consenta una grande libertà d’azione – i Greci, alla fine, devono per forza allearsi per sconfiggere il nemico comune – la situazione è meno scontata del previsto. Agamennone, per esempio, deve conquistarsi il favore di ogni regno acheo tramite la diplomazia o la guerra, in quel caso annientando la relativa capitale e reclutandone i soldati.
In pratica, a seconda dell’eroe greco scelto, bisogna ottenere l’appoggio di più regni possibile prima di lanciare l’attacco verso Troia; allo stesso modo, nel caso in cui si sceglie un troiano, è necessario riunire le popolazioni Traci, Dardane e via discorrendo.
Per far crescere e prosperare il proprio “impero” (sia pur formato solo provvisoriamente in tempo di guerra) si hanno a disposizione diverse opzioni.
Nell’ambito di una progressione che tutto sommato procede in maniera abbastanza lineare, illudendovi nelle prime ore di avere a che fare con un sistema più strategico di quanto effettivamente non sia, gli unici elementi davvero interessanti e capaci di dare un po’ di brio al quadro geopolitico sono la possibilità di assediare le altre città per ridurle alla fame e indebolire i loro soldati prima di conquistarle (consumando però diversi turni) o, in alternativa, cercare l’appoggio delle divinità sfruttando gli slot di costruzione in ogni insediamento per erigere templi, in modo da volgere in ogni caso le sorti della battaglia a proprio favore, opzione che però comporta lo spreco di un’enorme quantità di risorse e materiali.
Dal sistema gestionale, benché nel complesso strutturato in maniera discreta, ci si aspettava forse un po’ di più: una delle principali lacune di Total War, che solo i migliori capitoli della serie riuscivano a dissimulare, è sempre stata legata a un po’ di superficialità di troppo nella gestione delle truppe e del relativo comandante, e Troy, specie in alcuni elementi, non fa eccezione.
La gestione delle risorse è un elemento fondamentale, e, nel gioco, funziona in maniera piuttosto classica: estrarre e conservare legname, bronzo, pietra e oro, oltre che restare sempre ben riforniti di cibo (fondamentale per il mantenimento dell’esercito) evita di mandare ogni città alla rovina e renderla quindi non più produttiva né in termini di ulteriori risorse per costruire edifici militari o civili (ogni accampamento ha diversi slot a disposizione, formula che ricorda alla lontana Halo Wars) né di soldati utili per la guerra. Fine, senza nessuna sorpresa, anzi, con qualche fastidio di troppo quando si arriva a dover gestire simultaneamente due, tre o più regni.
I rapporti diplomatici coi propri alleati, coi quali scambiare risorse o unità dell’esercito, sono un enorme problema a cui far fronte, ancor più della carenza di cibo o di materiali produttivi (che diventa sempre meno problematica col passare dei turni), soprattutto per colpa di un’ IA grossolana e imperfetta, con la quale non si ha mai la sensazione di stabilire un legame “umano”; come se non bastasse, le richieste degli alleati sono spesso senza senso e obbligano a far fronte a compiti che comportano una notevole perdita di tempo, spesso allontanandoci dall’obiettivo in corso in quel momento.
Ma… il mare?
Da un Total War che si rispetti ci si aspetterebbe che giochi le sue carte migliori una volta cominciato a menare le mani, ma anche in questo caso non è esattamente così: le battaglie campali, pur sostanzialmente identiche ai predecessori a livello strutturale, devono fare i conti con qualche problema non trascurabile.
In primo luogo, il fatto che il mare non venga minimamente sfruttato, a livello di design, all’interno dei combattimenti. Ciò, oltre ad essere un’enorme incongruenza, non rende giustizia né all’ambientazione né ai fatti: poter combattere delle battaglie che cominciano sulle acque del Mar Egeo e si concludono sulle spiagge del nemico avrebbe dato tutto un altro sapore, molto meno banale e circoscritto, a determinati momenti del gioco.
Per non parlare, poi, della – relativa – assenza delle tradizionali unità a cavallo, parecchio sottosfruttate: ok, sarebbe stata un’incongruenza storica, anche considerato che le battaglie dell’epoca si combattevano prevalentemente tra guerrieri appiedati, ma vedere un intero esercito che si muove quasi tutto più o meno alla stessa velocità, e – se si eccettua qualche unità – spesso non è in grado di raggiungere velocemente i nemici terrorizzati e in fuga per finirli – non depone proprio benissimo a favore dell’epicità delle battaglie. Certo, esistono elementi come le bighe trainate da cavalli e le unità speciali dei centauri (che, per gli smemorati, abbiamo già accennato diversi paragrafi più su), ma parliamoci chiaro: non è esattamente la stessa cosa.
In generale, il sistema di gioco e la gestione delle truppe hanno un flow leggermente diverso da molti Total War recenti, più incentrato sui combattimenti di fanteria e che potrebbe, sulle prime, lasciare un po’ disorientati, sprovvisti – ripetiamo, anche per necessità storiche – di alcune opzioni tattiche, non adeguatamente sostituite o ripensate.
Le cose non migliorano – almeno, non troppo – quando si parla di impostazione tattica della battaglia, rimasta sostanzialmente molto simile al passato: i soldati possono nascondersi nell’erba, fiancheggiare i nemici e in generale dar vita a tattiche relativamente semplici, basate in larga parte sul posizionamento e sull’indirizzare le unità più appropriate verso lo scontro giusto. In tal senso, aiuta il poter modificare manualmente il “tempo” dello scontro, rallentando o mettendo in pausa, in modo da gestire la situazione con più calma ed evitare di finire sopraffatti, specie quando si è accerchiati.
A fare da “collante” per l’intero esercito interviene l’eroe di turno, dotato di abilità peculiari legate alla difesa e all’attacco: può, per esempio, far sì che le sue unità resistano più del necessario o si muovano più velocemente, in modo da sopperire – anche se solo parzialmente – ai problemi di mobilità dell’esercito di cui abbiamo già parlato.
Trascorrerete probabilmente decine di ore nella pratica “tattica”, anche soltanto per imparare per bene come funzionano determinate meccaniche (le campagne possono durare un bel po’, anche oltre le 40-50 ore), e in tal caso le battaglie personalizzate e i tutorial (uniche opzioni extra presenti nei menu) possono essere un valido alleato per impratichirsi.
Vecchio ma solido
Total War Saga: Troy presenta luci e ombre anche dal punto di vista stilistico e tecnico. Gli scenari, in generale, sono ben realizzati – ovviamente contestualizzandoli agli standard di un RTS – anche se poco ispirati, come se Creative Assembly si fosse limitata a fare il classico “compitino” pescando a piene mani dall’immaginario storico. Gli eroi, seppur forse nel tentativo di aumentarne la verosimiglianza, sembrano “banali” soldati, senza questo o quel tratto particolare a distinguerli dagli altri, se si eccettua lo scudo tondo di Achille o la pomposa corazza di Agamennone. Anche i modelli delle singole unità, quasi tutti uguali, denotano poca varietà nell’insieme, soprattutto considerato che la telecamera è zoomabile fino a raggiungere distanze molto ravvicinate.
A livello puramente visivo, del resto, gestire centinaia di soldati contemporaneamente a schermo non è per nulla semplice, e al lavoro del team inglese si possono quindi perdonare diversi strafalcioni – soprattutto considerato il genere di riferimento – anche se è lecito chiedersi quanto ancora un simile modello potrà reggere senza sembrare inequivocabilmente vetusto.
Rivedibili anche i menu, funzionali al loro compito ma ormai vecchi e poco intuitivi, specie per i neofiti e nell’impostazione della fase gestionale, troppo carica di finestre a schermo, a tratti addirittura sovrapposte e, nell’insieme, abbastanza confusionarie.
Abbiamo testato Total War Saga: Troy con una CPU Intel Core i9-9900K, abbinata a una GPU MSI GeForce 2080Ti GamingXTrio e a memorie RAM Corsair Vengeance 32 GB a 3200 Mhz, installandolo su un SSD Samsung MZ-V7S500 970. Le performance, impostando la qualità su Ultra, si sono attestate sui 70-80 FPS medi con V-Sync attivo e schermo da 144 Hz, mentre giocando coi preset e abbassando leggermente la qualità abbiamo potuto facilmente pareggiare la frequenza di aggiornamento del monitor, a conferma di un engine abbastanza scalabile. Per registrare il frame rate, inoltre, abbiamo dovuto utilizzare Fraps, mancando totalmente il supporto all’overlay di NVIDIA GeForce Experience.
A livello sonoro, spiace constatare che alcuni personaggi – come il narratore – sono doppiati in italiano, mentre altri no: un contrasto a cui bisogna fare l’abitudine, dal momento che – almeno nella versione in lingua italiana – le impostazioni non possono essere cambiate.
Va segnalata, infine, l’apprezzabile possibilità di ottenere gratuitamente anche il primo DLC del gioco, sottotitolato Amazons e in uscita a settembre, registrandosi al sito ufficiale di Total War.