Con Tomb Raider: la nascita di un’eroina continua la nostra rubrica settimanale #venerdìnostalgia dedicata al retrogaming. Ecco il nostro racconto di un gioco che ha dato vita ad una saga in grado di competere con grandi capolavori di fantascienza.
Se vi siete persi gli articoli precedenti dedicati al retrogaming potrete ritrovarli comodamente tutti a questo link. Troverete Final Fantasy, Resident Evil, Silent Hill, Winning Eleven e molte altre chicche raccolte solo per voi!
TOMB RAIDER: LA NASCITA DI UN’EROINA
I personaggi femminili, nel tempo, hanno subito un’evoluzione notevole nei media e nei modi di essere raccontati e di imporsi al pubblico. Se pensiamo al cinema, si è passati da un’ideale di donna unicamente orientata all’amore, alle femme fatale, passando per le dark lady e giungendo, negli anni ’80 e ’90 fino alla donna guerriero. Dalla principessa Leila, di Star Wars, alla Ellen Ripley di Alien. Da Sarah Connor di Terminator, fino a Beatrix Kiddo di Kill Bill. Nel mondo dei videgiochi, la pietra miliare di questo passaggio è rappresentato dalla saga di Tomb Raider, e dalla sua eroina Lara Croft.
Questo iconico personaggio, destinato a diventare il più popolare personaggio femminile di tutta la storia dei videgiochi, ha visto la luce tra il 1993 e il 1996 (data di pubblicazione del primo capitolo di Tomb Raider) generata dalla mente di Toby Gard, impiegato della Core Design. Un lavoro di quasi tre anni per scrivere e dare forma (e forme) a colei che sarebbe diventata un mito, un punto di riferimento, ed un’icona pop. Un’eroina destinata a sbancare negli anni a venire, arrivando fino al cinema nel 2001, interpretata da Angelina Jolie e giungendo fino al recente reboot di cui vi abbiamo parlato in questa recensione della nostra Eleonora.
La storia del primo Tomb Raider
New Mexico, 1945. Durante un test nucleare una strana entità alata si libra nel cielo. Nel 1996, l’archeologa inglese Lara Croft, viene contatta da un mercenario di nome Larson, al soldo di una miliardaria nome Jaqueline Natla, per recuperare un misterioso manufatto di nome “Scion”. Secondo le informazioni del committente, questo artefatto si troverebbe in Perù, ed è proprio da li che inizia la nostra avventura. Dopo aver superato trappole, trabocchetti, vallate di dinosauri, pericoli e rovine, riusciremo finalmente a mettere le mani sul prezioso artefatto, venendo poco dopo attaccati dallo stesso Larson, incaricato di ucciderci. A questo punto, preso coscienza che non tutto è quello che sembra, andremo ad indagare negli uffici di Natla, scoprendo che quelli a cui diamo la caccia sono i pezzi di un antichissimo e potente artefatto, smembrato e nascosto ai quattro angoli del globo.
La seconda parte del nostro viaggio si svolge in Grecia, nel palazzo di Re Mida, dove dovremo fare i conti con un altro mercenario, Dupont, affrontando nuovi pericoli e peripezie per ottenere il secondo frammento, che unito al primo ci farà avere una visione della leggendaria Atlantide e del triumvirato che la governava grazie al potere dello Scion. Veniamo a conoscenza del fatto che uno dei tre signori di Atlantide venne esiliato ed ibernato in una capsula di ghiaccio a causa del suo continuo abusare del potere dell’artefatto e che l’ultima parte dell’oggetto misterioso si trova in Egitto.
L’ultima fase in Egitto
Proprio in Egitto si svolge l’ultima parte di una trama degna di un film di Indiana Jones. Qui infatti, dopo innumerevoli pericoli e ostacoli, riusciremo a mettere le mani sull’ultimo frammento, non prima di esserci scontrati per l’ennesima volta con il redivivo Larson. Messo fuori gioco, questa volta definitivamente, il mercenario, e completando l’artefatto, scopriremo, grazie ad un’altra visione, che il terzo essere altri non era che la stessa Natla, imprigionata e risvegliata dal test nucleare del 1945. Una volta tornati al presente però, scopriremo che le cose non sono andate nel verso giusto, Natla infatti ci sottrarrà l’artefatto, rivelandoci il suo piano malvagio e dirigendosi verso la piramide di Atlantide.
Dopo essere scampati alla morte per l’ennesima volta, raggiungeremo Natla, pronti alla resa dei conti. Riusciremo infatti a distruggere l’artefatto e a mettere fuori gioco la nostra temibile avversaria, prima di scappare all’autodistruzione della leggendaria città di Atlantide. Il gioco si conclude con il nostro ritorno in Inghilterra, con l’eroina soddisfatta di aver fermato il malvagio piano di Natla, nonostante torni a casa a mani vuote.
Evoluzione di un’eroina
La forza espressiva di Tomb Raider deriva da due elementi ben distinti. Da un lato il carisma dell’eroina Lara Croft. Un personaggio che si è sviluppato assieme alla sua storia. In principio infatti doveva essere il classico eroe maschile, un avventuriero con cappello e frusta. Una cosa già vista e rivista insomma. Con il passare del tempo però, lo studio iniziò a scrivere qualcosa di diverso, un protagonista i cui punti di forza fossero la logica e circospezione, elementi che si adattavano meglio ad una protagonista femminile. Venne così alla luce Lara Cruz, con origini latinoamericane, trasformata poi in Lara Cruise, pensata per il mercato americano e infine Lara Croft, con il suo background inglese.
L’aspetto dell’eroina era sensuale e atletico assieme, con gli shorts, la lunga treccia e le due pistole nelle fondine. L’elemento che destò più scalpore però, furono le misure del seno della protagonista. Durante la realizzazione infatti, uno dei grafici aumento le misure dello stesso del 150%. Mostrandolo ai colleghi quasi per scherzo, naque l’idea di lasciarlo così, regalando alla storia dei videogames la sua prima eroina maggiorata. Era appena nato un mito.
L’altro lato della medaglia
Come abbiamo detto, la fortuna di Tomb Raider deriva non da uno, ma da due aspetti. Da un lato Lara Croft, dall’altro un gameplay assolutamente all’avanguardia per l’epoca. Il gioco infatti era il primo del genere action-adventure, caratterizzato dall’uso di una telecamera posta in terza persona dietro la protagonista, ampie sezioni di esplorazione con fasi dove risolvere enigmi, azionare leve, cercare chiavi e oggetti ed altre in cui scontrarsi con i nemici, sparare e affrontare combattimenti. In Tomb Raider non era infrequente morire nei modi più disparati. Mangiati, folgorati, bruciati, cadendo da una rupe o da una piattaforma. Uccisi dai nemici, schiacciati, o diventando interamente d’oro (ovviamente nel palazzo di Re Mida).
Attraverso il pulsante azione si poteva eseguire un’ampia gamma di movimenti, dal raccogliere oggetti, azionare leve e meccanismi, sparare, spingere o tirare i blocchi ed arrampicarsi su sporgenze e piattaforme. Nel gioco erano poi presenti munizioni per le armi e medipack. All’interno dei livello c’erano anche dei segreti, la cui scoperta era facoltativa e non influiva sullo svolgimento del gioco. Nella versione per Playstation era possibile salvare unicamente in presenza di alcuni cristalli blu, obbligando il giocatore a ripetere intere sezioni di gioco in caso di morte.
Alcune curiosità
Nel 1998 Tomb Raider ha vinto il premio come Migliore Gioco d’Azione per Computer del 1997. La casa di Lara fu modellata prendendo spunto dalla facciata dell’edificio Derby Studios dove la Core Design lavorava. La doppiatrice di Lara è cambiata dal secondo capitolo in poi. Questo è l’unico episodio dove Lara non ha la treccia, che avrebbe consumato troppa memoria rendendolo lento. In uno dei livelli Lara incontra un tipo in skateboard che le dice: “Stai sparando a me? Stai sparando a me? Eh? Non ci sono che io qui, quindi tu starai sparando a me!”, è un chiaro riferimento alla celebre battuta di De Niro allo specchio in Taxi Driver.
Tomb Raider, grazie alla straordinaria combinazione dei suoi elementi action, alle innovative trovate di gameplay e ad una delle protagonista più riuscite e famose della storia dei videogiochi, può essere considerato uno dei giochi più importanti e rivoluzionari della storia videoludica. Ha dato vita a quasi tre serie distinte di titoli, con vari reboot della storia. Lara è diventata un’icona femminile, passando da maggiorata sexy, carismatica e forte a ragazza di media bellezza, insicura e priva dell’asprezza delle prime versioni. E’ sbarcata al cinema, diventando una vera e propria icona, testimonianza, una volta di più, di come i videogames abbiano un enorme potere nel rappresentare e innovare il ruolo della donna.