La sofferenza, la solitudine e le mille sfumature del dolore sono quanto di più umano esiste, quello che più ci distingue da ciò che ci orbita intorno.
Attraverso numerosi medium (cinema, letteratura, musica) si è tentato di rappresentare i cinque stadi del dolore (come furono elaborati da Elisabeth Kubler Ross: negazione, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione) e non è estraneo all’interpretazione un medium tanto interattivo quanto quello videoludico.
Come si esce da un circolo vizioso che appartiene solo a noi, che occupa tutto lo spazio della nostra mente e lotta contro la nostra interiorità?
Alla ricerca di un ordine lenitivo
Probabilmente erano anche queste le domande che si sono posti Nomada Studio e Devolver Digital durante la realizzazione di Gris, un platform 2D di stampo light-metroidvania con elementi puzzle.
In un mondo che aborre ogni tipo di cacofonia e contempla forme perfette e funzionali, la protagonista incredibilmente sottile parte per un viaggio interiore alla ricerca di un indefinito qualcosa.
Giocare a Gris non richiede particolari skills ed è per questo che inizialmente il gioco ci regalerà una sensazione di “malinconico benessere”, ma imparare a risolvere i rompicapo geometricamente perfetti e visivamente appaganti ci accompagnerà in un tormentoso percorso di guarigione.
Viaggi interiori in solitudine
Il titolo di Nomada studio ricalca la linea di videogiochi dal concept semplice, che puntano tutto su una soundtrack (in questo caso commovente e potente, realizzata da Berlinist), un’ambientazione mozzafiato e una solitudine che invita a riflettere (si veda Journey, Monument Valley), ma quel che rende Gris “decisamente riuscito” è la consistenza: non si ha il sentore che sia un esercizio artistico, che si sarebbe potuto sfogliare parimenti una graphic novel con le stesse bellissime illustrazioni e ricavarne le medesime sensazioni.
Giocarlo richiede un piccolo effort che viene ricompensato da un finale toccante ed esplicativo, seppur senza una parola e dando vita ad una narrativa silenziosa che ai titoli di coda suscita pienamente in noi sensazioni sfumate ma importanti.
La cura nei dettagli risulta impressionante per un videogioco indipendente quale Gris, dove si può interagire con lo scenario in modo inaspettato.
Il ritmo delle soundtrack rispetta e valorizza quello narrativo, diventa parte dell’esperienza e impreziosisce qualcosa che essenzialmente non ha una trama ma solo un percettibile filo conduttore: il dolore.
Estetica e rappresentazione della crescita
La rappresentazione del passaggio da uno stadio del lutto all’altro non è solo realizzata dai magistrali acquerelli di Conrad Roset (che raffigurano scenari con scorrimento con parallasse), sicuramente dai colori simboleggianti le emozioni che si mescolano (tramite back-tracking la protagonista può tornare in sezioni precedenti e rendere più viva l’ambientazione), ma anche da altri espedienti che rendono il gameplay di Gris leggermente più articolato.
Di tanto in tanto, ad esempio, incontreremo creature non organiche essenziali per la risoluzione di determinati patterns, come degli amici indispensabili nel momento del bisogno.
Inoltre, della storia precedente dell’eroina sappiamo poco, quasi niente, ma in questa ambientazione onirica, ella cerca strenuamente di non dimenticare il passato: più si congiunge con una figura rocciosa e titanica, anch’essa senza nome, più accetta il suo burrascoso trascorso.
Parte pregnante dell’opera è rappresentata in modo criptico dall’assenza di reali nemici e boss fights: l’“avversario” mutaforme e innominato simboleggia sicuramente la necessità di combattere contro la parte di sé stessi più dannosa, quella che genera le paure più profonde. Infine, la protagonista, partendo da un incipit in cui ha perduto voce ed agency, approda ad una conclusione in cui è chiaro abbia accettato positivamente e in modo salutare il bagaglio emotivo che porta con sé sulle sue spalle.
Il titolo è un breve e affascinante quanto delicato viaggio nelle emozioni della protagonista, in cui è facile riconoscersi perché, facendo leva sull’empatia, Gris ci comunica tanto utilizzando quasi sempre silenzio e solitudine.
Giocare a Gris è sicuramente un’esperienza visivamente piacevole e a tratti rilassante, ma la ri-giocabilità del prodotto è pressappoco inesistente, sia per il climax emotivo che sarebbe inutile ripetere, sia per il gameplay semplice ed essenziale, seppur ben studiato.
Purtroppo per chi ha già vissuto la storia di Gris non sono previsti all’orizzonte nuovi titoli del team spagnolo, ma per chi ancora non ha toccato mouse o joypad (essendo uscito su Nintendo Switch, Playstation e Windows Microsoft) è il momento di immedesimarsi nell’eroina senza nome:Gris colorerà sicuramente la vostra mente di nuove emozioni, aveste anche voi un cuore di pietra.
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