Etherborn è un gioco che avrebbe sicuramente fatta contenta la parte di Escher più infoiata con la geometria selvaggia e con i giochi di prospettiva; il prodotto di Altered Matter è un platform abbastanza basilare con una grandissima quantità di rompicapi basati sulla gravità e la prospettiva, senza andare a pescare meccaniche troppo particolari o strmabe. Il titolo di Altered Matter, forte di un comparto artistico tecnico abbastanza efficace mostra una visione del mondo piuttosto curiosa, fatta di colori piatti, di figure stilizzate e di geometrie impossibili in grado di accalappiare il giocatore.
Giocare a Etherborn significa salutare le nozioni di fisica che si conoscono e abbracciare un flusso di regole tutto nuovo, significa iniziare aguardare lo schermo con attenzione alla ricerche di dolci passerelle da attraversare per cambiare prospettiva, significa sopportare delle sciorinate filosofiche un po’ all’acqua di rose e dover fare a cazzotti con una telecamera abbastanza schizofrenica.
Preparatevi ad una piacevole immersione all’interno di un fiume coloratissimo, pieno di bella musica e con qualche problemuccio quà e là; andiamo a parlare di Etherborn.
Etherborn o come imparai ad avere paura del vuoto.
Etherborn si presenta sin da subito al giocatore con un’ interfaccia spartana ed un art-style tanto evanescente quanto colorato; il titolo prova fin da subito a essere più di una collezione di livelli caratterizzati da una meccanica di fondo e cerca di amalgamare i viaggi del nostro protagonista dal sesso dubbio con una specie di resoconto filosofico interpretato da una voce narrante che, di livello in livello, cercherà di esprimere concetti plausibilmente cari agli sviluppatori di gioco.
Il titolo, senza la classe di un The Witness, mette insieme le teorie del linguaggio, l’importanza del simbolismo, l’influenza dell’uomo all’interno del mondo e mille altre cose attraverso una serie di discorsi non abbastanza articolari da essere soddisfacenti; cercando di contenere i tempi morti, il titolo finisce per togliere potenza all’impianto comunicativo che risulta quasi zoppicante nei confronti di un giocatore che potrebbe star ripensando alle elucubrazioni presentate nel sopracitato capolavoro di Jonathan Blow; esistono modi e modi per presentare dei concetti e quello usato da Altered Matter in Etherborn sembra far acqua da tutte le parti.Tutto ciò comunque non riesce a intaccare un granché il succo del gioco, il comparto tecnico/ludico che tra colori, ambientazioni, sonoro e gameplay ha ancora le carte in tavola per farsi apprezzare dal giocatore.
Il gameplay stesso, nonostante la sua semplicità pressoché assoluta si dimostra efficace e perfetto per tutti quegli appassionati di puzzle games interessati ai giochi di prospettiva e all’esplorazione. Il titolo si presenta come un platform tridimensionale con un protagonista in grado di ignorare e modificare la forza di gravità semplicemente camminando su alcuni tipi di giunture tra un edificio ed un altro. In questo disperato peregrinare spetterà al giocatore trovare la soluzione ai vari quadri, posizionando oggetti in punti specifici, spostando cose e più in generale giocando con le prospettive e la gravità manco fossimo dodati dei magnetoscarponi di Ratchet & Clank.
I livelli di Etherborn, in sostanza, si riducono a complicati puzzle ambientali da risolvere scavalcando vuoti e girando gli angoli, con una telecamera piuttosto spigolosa.
Svoltare angolo significherà, nella maggioranza dei casi, vedere la prospettiva modificarsi e sentire la gravità cambiare effetto sul corpo del proprio personaggio; quando questi cambi di prospettiva sono ravvicinati la telecamera fà fatica ad essere fluida e si rischia, piuttosto facilmente, di perdere il controllo del nostro protagonista; questo regalerà qualche game over evitabile ma che non adnneggerà molto l’esperienza di gioco, visto il respawn praticamente istantaneo e l’assenza di un qualsiasi tipo di punizione.
La semplicità del gameplay riesce a far scorrere soavemente le (poche) ore necessarie alla conclusione dell’avventura, un titolo leggero ma gustoso grazie ad un comparto tecnico minimalista e sempre sul pezzo,vero punto forte della produzione di Altered Matter.
La progressione nel mondo di gioco è complessivamente bilanciata con un primo stage che tenderà al giocatore la mano dall’inizio alla fine e quelli successivi che, in modo progressivo, finiranno per aggiungere tasselli ai mondi di gioco. L’aggiunta centellinata di meccaniche e ostacoli nuovi sarà perfettamente in grado di mantenere alta l’attenzione del giocatore, mantenendo anche costante il divertimento stesso. Esplorare i livelli, risolvere gli enigmi, scoprire nuovi scorci sono tutti punti cardinali dell’esperienza di gioco che aiuteranno il giocatore a consumare il titolo nel giro della mezza dozzina di ore senza intoppi particolari.
L’interfaccia di Etherborn è pressoché assente e tutto quello che è importante sapere è a schermo, integrato in modo diegetico con l’ambientazione di gioco e con il concetto dietro il gameplay del titolo; l’unico punto negativo, da questo punto di vista, è legato all’impossibilità di skippare alcune cutscenes che possono ripetersi molteplici volte all’interno del processo di risoluzione del livello, facendo letteralmente perdere minuti di gioco in modo inutile.
Un sogno ad occhi aperti.
I veri protagonisti dell’esperienza di Etherborn sono i livelli di gioco, incasinati diorami multiforma dove perdersi diventa gradevole e non seccante; nonostante ad una primissima occhiata non è sempre chiara la direzione da dover prendere, il level design certosino fa si che il giocatore sia in grado di ambientarsi e comprendere il ritmo ed il flusso da seguire per completare lo schema nel giro di qualche decina di secondi. L’assenza di punizioni vere e proprie incentiva la sperimentazione e tolto qualche sporadico game over legato alla sopracitata telecamera sarà difficile lamentarsi della difficoltà del titolo, molto lasciva e chiaramente improntata sul lasciare al giocatore un’esperienza quanto più godereccia possibile.
Visivamente parlando ci troviamo di fronte uno dei titoli con la migliore palette degli ultimi tempi, virata su scale di colori estremamente gradevoli che lasciano all’occhio una piacevole sensazione di piacere; Etherborn, con le sue architetture misticheggianti ed evanescenti riesce a mischiare diversi biomi all’interno di uno stesso videogioco in modo coerente, non abbandonando mai il substrato di ambientazione eterea , lasciando il titolo di livello più brutto all’hub centrale non particolarmente ben caratterizzato.
L’avere una telecamera fissa valorizza ulteriormente in modo ulteriore le scelte registiche che si vivono proseguendo nell’avventura, con alcune scene dotate di prospettive vertiginose er altre impreziosisete da scorci meravigliosi, con oggetti e personaggi posizionati magistralmente a fronte di un mosaico affascinante. Il comparto musicale, contro ogni aspettativa, riesce a far parlare di sé grazie ad una costruzione al centro di un ipotetico triangolo tra la musica da camera, l’ambient music e le intuizioni etniche di matrice orientale; pezzi ariosi e colorati da melodie emotive che ben si adattano alle atmosfere disegnate dalle geometrie del titolo, con effetti sonori sul pezzo.
Etherborn ha un minimo di rigiocabilità grazie all’aggiunta della modalità new game plus ma resta un avventura destinata a durare poco più di una decina di ore per i più appassionati, una cifra niente male per un titolo con un gameplay simile; la versione da noi provata (su PC) non ha dato alcun tipo di problema tecnico e si è dimostrata particolarmente leggera, rendendo questo titolo una buona scelta se si ha soltanto un notebook non particolarmente performante per giocare.
Etherborn è un videogioco che sarebbe piaciuto quasi sicuramente ad un Escher qualsiasi; un puzzle game ibridato con un platform con molti enigmi divertenti, dotato di una componente tecnica di pregio e con un comparto musicale altrettanto interessante. Con delle basi così ignorete ben presto la narrativa scialba e finirete per scattare screenshots alla ricerca del nuovo wallpaper per il vostro computer, il tutto all’interno di un videogioco dal costo budget e dalle richieste hardware altrettanto budget.