Gli ultimi tre o quattro anni videoludici sono stati caratterizzati da un sacco di titoli che hanno pian piano visto l’asticella della qualità salire in base al tempo trascorso: titoli come No Man’s Sky sono emblematici perché nonostante siano partiti come disastri sono riusciti a ritagliarsi il loro angolo di pubblico grazie ad un certosino lavoro da parte degli sviluppatori.
Update gratuiti, roadmap folte di novità e modalità richieste dal pubblico sono stati solo alcuni degli ingredienti miscelati da Hello Games per rimettere insieme i pezzi del loro disastro e per realizzare un videogioco degno di tal nome, in grado di accalappiare il pubblico.
Ma gli altri? Come si fa a rimettere insieme un progetto disastrato come Fallout 76? e invece un titolo crollato sotto il peso delle sue stesse aspettative come Anthem?
Durante il corso della Develop Conference di Brighton, in UK, Sean Murray ha detto che, a suo parere, l’ingrediente fondamentale per poter trasformare un insuccesso in un prodotto di qualità è il silenzio.
La rinascita di No Man’s Sky è stata frutto di duro lavoro.
Sean Murray è il founder di Hello Games e molti potrebbero ricordarselo come il barbuto uomo con il mano il blu ray di No Man’s Sky, pronto per mandare il tutto in stampa. Dopo il lancio disastroso del titolo, presentato al pubblico con la metà delle caratteristiche precedentemente annunciato, Hello Games si è rimboccata le maniche ed ha deciso di affrontare le ripercussioni delle loro scelte e delle loro tempistiche con una sola cosa: il silenzio.
Secondo Murray, al giorno d’oggi, quello stesso silenzio sarebbe l’arma perfetta che aziende come EA, Microsoft o Bethesda dovrebbero impiegare per rimettere insieme alcuni dei loro titoli, concentrandosi sul lavoro da fare ed evitando di placare i videogiocatori scrivendo post.
Ovviamente per Murray e per il suo team stare zitti in quella situazione è stato tutto fuorché semplice, come spiega anche Gamesradar.
“Per circa due anni abbiamo evitato completamente di parlare con la stampa e per tre mesi abbiamo addirittura evitato di comunicare con i nostri giocatori, con la nostra community. È stato davvero difficile perché moltissime volte mi sono seduto ed ho scritto quello che credevo essere il perfetto comunicato stampa, il mezzo perfetto per dire ai giocatori cosa era andato storto durante il processo di sviluppo e di come ora le cose stessero andando in una maniera decisamente diversa, con una roadmap ben definita. Ogni volta che lo facevo mi fermavo perché non credevo di avere la credibilità giusta e non credevo di aver rispettato nel giusto modo i giocatori.”
Murray stesso, durante il suo discorso, ha segnalato che compagnie come Electronic Arts, Microsoft e Bethesda dovrebbero comportarsi in modo simile a causa di prodotti come Anthem, Sea Of Thieves o Fallout 76.
“Ci sono dei videogiochi che hanno avuto un lancio decisamente polarizzante , dove sembrava fosse possibile unicamente odiare quel titolo o amarlo. Ci sono aziende come Electronic Arts, Microsoft e Bethesda che cercano di mitigare la reazione dei giocatori parlandogli ma, giusto o sbagliato che sia, non è semplicemente qualcosa che funziona. Ogni volta che un grande publisher finisce per parlare con la community, cercando poi di risolvere i problemi, si fa coinvolgere e finisce per utilizzare sempre più risorse per non concludere niente di che.”
Secondo Murray il problema è dovuto al fatto che parlare delle caratteristiche di un titolo già uscito non è semplicemente interessante, ne è credibile; agli occhi di chi gioca sono molto più importanti le azioni che vengono fatte rispetto a ciò che si dice.
Possiamo riparare i videogiochi come hanno fatto per No Man’s Sky?
La storia di No Man’s Sky è forse la più emblematica e la migliore da raccontare da questo punto di vista perché rappresenta perfettamente l’idea del duro lavoro che riesce a limare i problemi e a donare nuova linfa vitale ad un prodotto. No Man’s Sky ha visto prima l’arrivo di NEXT, un’ espansione che ha portato nel titolo il primo importante scampolo di multiplayer aggiungendo poi la prospettiva in terza persona ed una pletora di numerosi altri contenuti.
Rispetto a quanto avevamo potuto saggiare durante l’annuncio di Beyond, la comunità di No Man’s Sky ha continuato a salire pian pianino, raddoppiando nel corso di sei mesi il numero di giocatori contemporaneamente connessi, passando da duemila unità a quattromila unità; cifre lontane dagli ottantamila giocatori che il titolo era riuscito a generare durante il periodo di rilascio delle nuove espansioni ma comunque rispettabili.
Lo zoccolo duro di giocatori si è raddoppiato e potrebbe fare ancora di più con l’arrivo della nuova iniezione di contenuti che risponde al nome di No Man’s Sky Beyond. Discorso estremamente diverso si può invece fare con titoli come Anthem, in primis per problemi di reperibilità del numero di giocatori contemporaneamente connessi online. Di Anthem abbiamo solo brutte notizie, con un numero di giocatori talmente basso da farsi superare su Xbox One da titoli come Battlefield 1.
Per Sea Of Thieves le notizie sono migliori, grazie all’arrivo di update come l’Anniversary che hanno portato i giocatori a nuovi massimi; non abbastanza per dire che il gioco è diventato un successo ma abbastanza per poter dire di avere tra le mani qualcosa che è ancora vagamente giocato. Fallout 76, secondo quanto dichiarato da Bethesda, ha una playerbase di milioni di giocatori, plausibilmente in attesa dell’arrivo della nuova espansione a tema Wastelanders.
Ora però siamo noi a fare una domanda a Sean Murray: che dovrebbe fare Valve con il suo Artifact?
Le ultime notizie del titolo erano tutto fuorché buone e, al momento della stesura di questa news, il titolo ha poco meno di cento giocatori contemporaneamente connessi, perdendo il 15% della sua utenza di mese in mese. Cosa sta mancando nella strategia di Valve, il silenzio o il duro lavoro?
Eppure, secondo Richard Garfield, per Artifact c’è ancora speranza; saremmo davvero curiosi di chiedere cosa c’è secondo Sean Murray.
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