In questo nuovo appuntamento con la Tana dell’Orso, il 34° di questa serie dedicata al mito nei videogiochi, continueremo ad analizzare l’influenza della mitologia norrena su God of War (2018).
Questa parte del viaggio è più umana che mitologica, nel senso che tra un rompicapo e l’altro, tra un’asciata e l’altra, vediamo affiorare sempre di più il lato paterno di Kratos, che inizia ad ammorbidirsi sensibilmente nei confronti del figlio. Bando alle ciance e ai sentimentalismi: qui s’ha da proseguire.
La terza parte del viaggio nella mitologia di God of War 4
Dopo aver seguito i primi passi di Kratos e Atreus, e aver affrontato una seconda tappa dedicata a Yggdrasill e Alfheim, ci troviamo ora a fare ritorno nei pressi del Lago dei Nove: uno specchia d’acqua che cela templi segreti, statue titaniche e passaggi verso i Nove Mondi del mito norreno, nonché qualche altra piccola sorpresa.
Enter Sandman Jörmungandr
I nostri eroi si trovano nuovamente nel fulcro di Midgardr, il nexus: il complesso di torri, templi e portali che nel loro insieme permettono di raggiungere gli altri Regni. La voce del corno riecheggia nella vallata e Kratos, che come un novello Barbariccia dantesco avea del cul di Mímir fatto trombetta, si trova davanti il bestio a cui avevamo accennato la settimana scorsa: la causa della variazione del livello delle acque, nient’altri che il buon vecchio Jörmungandr in persona.
La titanica serpe del mondo, talmente enorme e possente da poter circondare l’intera Terra di mezzo, fa tuonare nuovamente la propria voce, dopo aver divorato apparentemente a caso una statua di Thor, con cui Jörmungandr ha / avrà / ha avuto (?) un conto in sospeso, ma stavolta il dialogo con Mímir si avvicina un po’ troppo al comic relief, ma tant’è.
Una volta compreso che, in fondo, quei minuscoli bipedi con testa mozzata al rimorchio non sono poi così amici degli Aesir, il caro Miðgarðsormr riallinea il ciclopico meccanismo dei portali, e sposta un po’ la sua immensa mole così da far abbassare ulteriormente il livello del Lago dei Nove, svelando nuovi segreti al Fantasma di Sparta.
Ma chi o cos’è quest’enorme serpente dalla voce potente e dalla forza inimmaginabile? Freya racconterà a Kratos che, un bel giorno, Jörmungandr è semplicemente comparso nel Lago dei Nove, per poi prendervi residenza come Guardiano del Tempio di Tyr in seguito a una battaglia con Thor, il dio della tempesta, conclusasi con un nulla di fatto.
Non avendo ancora le idee chiare, Mímir ci viene in soccorso: ci riferisce che secondo l’antica profezia sul Ragnarǫk ci sarà un secondo scontro fra Thor e il Miðgarðsormr, e quest’ultimo verrà colpito così forte che Yggdrasill verrà danneggiato, e Jörmungandr verrà inviato indietro nel tempo… cioè al momento del primo scontro con il portatore di Mjöllnir. Lo so, lo so, i viaggi nel tempo e i paradossi temporali sono sempre confusi.
Sia come sia, il Miðgarðsormr si dimostra stranamente più che disponibile con Kratos e soprattutto con Atreus, permettendo al terzetto (due e un po’, in realtà) addirittura di esplorare il suo stomaco, per recuperare l’altro occhio di Mímir, contenuto nella statua di Thor azzannata dal bestio e necessario per proseguire il viaggio verso Jötunheim. Hmmm.
Un po’ di curiosità sul Miðgarðsormr
Anche nel mito norreno Jörmungandr è un enorme serpente acquatico, tanto grande da poter circondare l’intera Midgardr; proprio come in God of War (2018) è uno dei figli di Loki e della gigantessa Angrboða, e non solo ha già avuto uno scontro con il dio della tempesta, ma è anche uno dei protagonisti del Ragnarǫk: nell’Edda in Prosa viene profetizzato un secondo scontro titanico con Thor, che riuscirà a eliminare il Miðgarðsormr ma verrà a sua volta ucciso dal veleno di Jörmungandr, dopo aver compiuto appena nove passi.
Come la Tecnica dell’esplosione del cuore con cinque colpi delle dita di Pai Mei, insomma, ma più badass.
La solita chicca di questa rubrica: Jörmungandr richiama per molti aspetti la figura di Crono, il nonno di Kratos. Oltre a un importante legame di cui tratteremo più avanti, nella parte conclusiva, i due hanno in comune il fatto che entrambi ingoiano tutto intero l’ex-dio della guerra, entrambi vengono evocati suonando un corno, entrambi rivestono un ruolo chiave nelle rispettive storie ed entrambi sono tra gli ultimi elementi rimasti della propria specie primordiale.
Un dettaglio che mostra, in parte, la profondità della ricerca dei creatori del gioco: quando summoniamo Jörmungandr vediamo comparire un piccolo messaggio, apparentemente insignificante, che recita Eitr imbued. Nella mitologia norrena l’Eitr è in sostanza il brodo primordiale che sta alla base della vita, tanto che perfino Ymir -il primo Gigante- nacque da essa, ed è secreta dai serpenti, tra cui Jörmungandr: è paragonabile al veleno dei serpenti.
Si tratta forse di un foreshadowing di un futuro scontro fra Thor e Kratos, Mjöllnir contro l’Ascia del Leviatano potenziata dal veleno del Miðgarðsormr?
Magni e Modi, figli di Thor
Non lo sappiamo, visto che in questo capitolo della saga purtroppo non avremo modo di vedere il dio delle tempeste, del fulmine e del tuono. Incontreremo però i suoi figli: prima Magni, che ha modo di assaggiare -piuttosto letteralmente- l’Ascia del Leviatano, e poi Modi. Più volte.
Dopo la morte di Magni, il povero Modi ci informa che ora tutti penseranno che quel dannato martello (Mjöllnir) toccherà a lui soltanto perché suo fratello maggiore era già morto, mentre in realtà ha lavorato sodo per meritarselo.
Nel frattempo rievoca la scena di POTERE, ILLIMITATO POTERE! by Palpatine, e già che c’è taunta un Atreus che, nel suo piccolo, si altera non poco.
Il ragazzo ben presto si accascia al suolo, privo di sensi, però a quel punto arriva papà, con una Spartan Rage degna di questo nome, e Modi se ne va piagnucolando e frignando.
Facciamo un piccolo salto in avanti nella storia: Atreus sbroccherà di brutto e, davanti a un Modi brutalmente pestato dal padre Thor, che lo ritiene un vigliacco, perderà completamente la bussola e infilzerà il poveretto con un coltello forgiato da Kratos.
La versione mitologica di Magni e Modi esiste, eccome se esiste! Anche lì i due sono figli di Thor: dalla jötunn Járnsaxa ebbe Magni, e con un’altra jötunn non meglio identificata generò Móði, mentre con la più celebre Sif mise al mondo Thrùd.
Nel Vafþrúðnismál dell’Edda poetica vengono annoverati entrambi tra i superstiti del Ragnarǫk, nonché eredi del martello di Thor, ma non è tutto: la loro forza viene decantata anche nel mito di Hrungnir.
Nato senza testa e senza cuore, il povero jötunn Hrungnir ricevette delle protesi in pietra, notoriamente meno performante del tessuto cerebrale, e quindi divenne un po’ un sempliciotto; Odino lo invitò nella sua sala su Asgardr, per divertirsi a sue spese e farlo diventare una sorta di gigantesco giullare. Gli Aesir lo fecero ubriacare d’idromele, al che allo jötunn prese la sbronza molesta e diventò violento e rissoso.
Mentre gli altri dèi di Asgardr la presero bene e si divertirono un mondo, Thor decise di fare il guastafeste e colpì con Mjöllnir la testa di pietra di Hrungnir; nello scontro venne frantumato non soltanto il cranio del gigante, ma anche la sua arma: una gigantesca cote per affilare, che esplose in mille frammenti, generando quindi tutte le pietre per affilare presenti su Midgardr.
Un frammento di questa cote si conficcò nel cranio di Thor, che oltretutto rimase schiacciato dall’enorme mole del cadavere dello jötunn. Nessuno riuscì a spostare il pesantissimo corpo per liberare il dio delle tempeste, nemmeno Thor stesso –visto che era sbronzo lercio anch’egli-; venne tratto in salvo da suo figlio Magni, di appena tre anni, che agguantò lo jötunn e lo spostò con estrema facilità, deridendo nel contempo l’ubriaco padre.
In God of War (2018) la storia è la stessa, ma Mímir aggiunge un dettaglio: furono entrambi i fratelli a salvare il padre, ma il merito venne attribuito soltanto a Magni perché era il più biondo tra i due. Da qui nacque la gelosia di Modi nei confronti di Magni.
The highway to Hel-heim
Restiamo ancora nell’ambito delle storie di famiglia: in una delle scene più toccanti del gioco, in cui Kratos appare umano e disperato come un padre mortale di fronte al figlio malato, con l’aiuto di Freya scopriamo che l’unico modo per curare Atreus dal male ricorrente che lo affligge consiste nel procurarci un ingrediente raro, situato nel gelido regno degli inferi: il cuore del Guardiano del Ponte dei Dannati.
L’Ascia del Leviatano sarà poco utile in Helheim, quindi Kratos recupera le sue iconiche lame, accuratamente riposte nel seminterrato della casetta che condivideva con Atreus e Faye.
Una visione di Atena ci ricorda che, per quanto ci sforziamo, non si sfugge al proprio passato. Kratos, ormai diventato badass anche nei dialoghi, replica che egli sarà pure un mostro, ma non è più il mostro di Atena.
Brok si eccita, fisicamente, nel vedere le Lame del Caos, e sia lui sia suo fratello Sindri ci metteranno le loro naniche zampacce sopra, per migliorarle e potenziarle man mano che proseguiremo nella storia.
L’ennesima catabasi di Kratos, cioè la sua discesa nell’oltretomba, non dura molto: giusto il tempo di accoppare il Guardiano del Ponte dei Dannati, ossia il troll Máttugr Helson (Hel-son, figlio di Hel!), di strappargli il cuore mediante un delicato intervento chirurgico e di dare un’occhiatina in giro, per poi tornare di corsa da Freya e dal povero Atreus, malaticcio e febbricitante.
È degno di nota il fatto che in Helheim, il Reame di Hel, non sembri esserci la padrona di casa: Hel, figlia di Loki e Angrboða proprio come Jörmungandr e Fenrir. Mentre questi ultimi sono già presenti nel mondo, forse a causa dei viaggi nel tempo, sembra che Hel non sia stata ancora regalata da Odino nell’omonimo regno, e addirittura che non esista ancora. Hmmm.
Guardandoci un po’ attorno, notiamo un gigantesco volatile che, sullo sfondo, ci osserva placidamente; potrebbe trattarsi di Hræsvelgr, l’Ingoiatore di Corpi che troviamo nel Vafþrúðnismál dell’Edda poetica e nel Gylfaginning dell’Edda in prosa.
In sostanza si tratta di uno jötunn col vezzo di tramutarsi in aquila gigante e di appollaiarsi all’estremità settentrionale del mondo, agitando le proprie ali enormi e generando un forte vento gelido.
Notate la somiglianza con il Lucifero descritto nell’Inferno di Dante Alighieri: ha delle ali enormi che generano venti gelidi, ingoia i corpi dei dannati ed è conficcato all’estremità del mondo degli inferi.
La vera identità di Atreus – parte 1
Torniamo a noi: recuperato l’ingrediente magico da Helheim, Kratos torna da Freya, ma non prima di aver avuto una visione di Zeus, che fornisce all’astuto Mímir l’indizio mancante per associare Kratos al dio della guerra del pantheon greco, le cui gesta evidentemente sono giunte fino in Scandinavia.
D’altronde le Lame del Caos, le visioni di Atena e i segni indelebili sulla pelle dello spartano avrebbero potuto già fornire un’indicazione piuttosto precisa della sua identità.
È proprio la natura divina del Fantasma di Sparta e dello stesso Atreus a far ammalare periodicamente il ragazzo: la scintilla divina, repressa troppo a lungo, entra in conflitto con la metà mortale (?) del figlio dello spartano e di Faye / Laufey.
In un improvviso colpo di scena, Kratos decide di rivelare al figlio non soltanto il proprio status divino, ma anche quello dello stesso Atreus; il ragazzo, comprensibilmente, apprende la notizia con entusiasmo e lascia Kratos tra lo sbigottimento, la preoccupazione e un certo divertimento.
Atreus tempesta di domande lo spartano, nel tentativo di cercare di comprendere i propri poteri divini, ma sia Kratos sia Mímir non si sbilanciano più di tanto. Il ragazzo inizia a imboccare un sentiero piuttosto scivoloso e oscuro: la divinità gli dà alla testa, insomma, nonostante i ripetuti richiami da parte del padre.
La scena della confessione di Kratos è molto toccante, così come lo è la consegna di un coltello forgiato da metalli greci e scandinavi: un simbolo che passa dal padre al figlio, e che profuma di rito di passaggio.
Lo stesso Atreus sottolinea la cosa, chiedendo «Sono un uomo, ora?», al che Kratos risponde che no, ora è qualcosa di molto più grande, così come molto più grandi sono le sue responsabilità.
Se avete trent’anni o più, questo passaggio probabilmente avrà suonato una corda del vostro essere che qualche anno fa non avreste mai sospettato di avere.
Grendel, da Beowulf a God of War
Dopo questo momento d’introspezione e di esplorazione del complesso rapporto tra padri e figli, che è già difficile quando di mezzo non ci sono le divinità e i semi-dèi, il viaggio riprende: ci ritroviamo a esplorare le profondità del Tempio di Tyr, ora accessibili dopo lo spostamento di Jörmungandr.
Nelle cripte del tempio ci si imbatte in un nome che mi ha lasciato perplesso per un istante, prima di provocarmi un accenno di sorriso: superate trappole e puzzle alla ricerca della Runa Nera, necessaria per aprire la strada verso Jötunheim, arriva il momento di confrontarci con il Guardiano. Anzi, con i Guardiani.
Grendel del Ghiaccio, della Tribù dei Troll di Pietra, e Grendel delle Ceneri, della Tribù dei Troll di Fuoco, sono stati posti a guardia della Runa Nera, nelle profondità del Tempio di Tyr. Con i loro poteri elementali, e gli enormi totem che usano come clava e apparentemente come trottola, i due bestioni non sono facilissimi da sconfiggere, ma Kratos e Atreus alla fine hanno ragione sui due troll.
Ma Grendel non è semplicemente un troll qualsiasi: è il primo elemento della triade di avversari sovrannaturali che il leggendario Beowulf si trova ad affrontare. Ricordate? Il mostro minacciava costantemente Heorot, la reggia del re danese Hroðgar, e così l’eroe svedese Beowulf decise di attraversare il mare, probabilmente nello Stretto di Kattegat (Vikings intensifies), e di accollarsi l’impresa di liberare la zona dalla presenza del mostro.
La lotta fra Beowulf e Grendel rappresenta lo scontro archetipico fra l’impavido eroe e il malvagio mostro, tra San Giorgio e il Drago, tra il Bene e il Male. Per affrontarlo alla pari, e forse per meritarsi il Valhalla, Beowulf si spoglia di armi e armature, agguanta il mostro nudo come un verme, e gli strappa un braccio con la sola forza bruta. Quando il Barbaro / Guerriero si specializza nel Grapple, insomma.
Il povero Grendel andrà a morire nella sua tana, facendo infuriare sua madre, la Merewife, e innescando un ciclo di vendetta che culminerà con… no, non vi spoilero il poema: vi consiglio di leggerlo voi stessi.
Oltre che in questo antico poema anglosassone, molti dei personaggi della storia compaiono anche nell’altrettanto anglosassone Widsith, nonché in varie opere scandinave come il Chronicon Lethrense, gli Annales Lundenses e le Gesta Danorum; le vicende di quegli stessi eroi sono narrate anche nella più antica saga leggendaria di Hrólfr Kraki e nella Saga degli Skjöldungar, per non parlare di altre due opere di Snorri Sturluson, più noto per la sua Edda in Prosa: la Saga degli Ynglingar e lo Skáldskaparmál.
A proposito di Edda Poetica e in prosa: alcuni dei personaggi che ritroviamo nel Beowulf vengono citati anche nel Gróttasöngr e nella Saga di Gautrekr. Insomma, le vicende di quella famiglia, per così dire, hanno appassionato la Scandinavia e l’area anglosassone per circa un millennio o più.
La storia di God of War 4, invece, ci sta appassionando al punto che dovremo dedicarle almeno un altro articolo della Tana dell’Orso che, come sempre, a questo punto vi dà appuntamento per Mercoledì prossimo con la quarta parte del viaggio di Kratos nella mitologia norrena.