Ultimamente l’Unione Europea non sta godendo di una fama particolarmente rosea per via dell’approvazione della direttiva sul copyright, di cui abbiamo parlato in modo approfondito in quest’articolo.
È anche vero che però queste leggi e direttive vengono ideate per cercare di favorire l’economia dei paesi dell’Unione ed allo stesso tempo fermare eventuali frodi e mosse schive da parte delle grandi compagnie.
Sembra proprio che stavolta Valve ed altri cinque grandi publishers di videogiochi abbiano sgarrato, e sono stati accusati dalla Commissione Europea di aver infranto le norme di adeguata competizione economica dell’Unione. Andiamo a vedere più nello specifico di che si tratta.
Tanto va il publisher al lardo…
Il Geoblocking è una pratica che consiste nel bloccare le vendite di un determinato prodotto da parte di un publisher, distributore o possessore all’interno dei confini di uno o più paesi o mercati. Ciò serve ad evitare ad alcuni acquirenti di procurarsi dei determinati beni ad un prezzo più competitivo acquistandolo all’estero, pagando eventualmente meno tasse.
Il Geoblocking è stato dichiarato reato all’interno dei paesi dell’Unione Europea fin dall’anno scorso, e molte compagnie ignorando la nuova direttiva sono state scoperte e multate pesantemente.
Quest’oggi è toccato a sei grandi protagonisti dell’industria videoludica: Valve, Bandai Namco, Capcom, Focus Home, Koch Media e ZeniMax. Le compagnie sono state accusate per l’appunto di Geoblocking illegale e stanno tutt’ora venendo esaminate dalla Commissione Europea per decidere se condannarle o scagionarle.
L’accusa concreta è quella che le compagnie abbiano deciso di vendere singole key con attivazione region-locked, che impediscono ai cittadini europei di attivare determinati giochi comprati da siti esteri all’interno dei propri confini. Ciò va contro la legge del Digital Single Market dell’Unione, che invece consente la libera circolazione di prodotti digitali acquistabili ed attivabili in tutti i paesi membri.
Sempre secondo l’accusa, le sei compagnie hanno stipulato una sorta di contratto bilaterale coi rivenditori che impediva loro di vendere chiavi per videogiochi PC al di fuori del proprio paese di appartenenza, favorendo dunque i paesi dell’Unione con una tassazione più elevata.
Il Commissario Europeo Margrethe Vestager ha così commentato il capo d’accusa:
In un vero Digital Single Market, i cittadini europei dovrebbero avere il diritto di acquistare e giocare ai videogiochi indipendentemente dal loro paese di appartenenza. I consumatori non esser ostacolati nel trovare l’offerta più vantaggiosa per loro, finché si aggirino ed acquistino all’interno dell’Unione Europea.
Le sei compagnie sono state informate riguardo il loro presunto crimine, ed ora hanno la possibilità di organizzare una difesa e presentarsi in Parlamento per spiegare la propria posizione.
Attualmente non c’è una vera e propria scadenza per il processo, quindi per scoprire la verità potrebbe esser necessario aspettare un po’ di tempo. Restate con noi per ulteriori aggiornamenti.