Ricordo molto bene questo gioco perché quando scoprii della sua esistenza lo reputai adatto a divenire un regalo per la mia ragazza. Dovete sapere che lei è appassionata di tutto ciò che possa essere gotico, decadente e vittoriano con sfumature che vanno verso lo stile SteamPunk, e pensai potesse essere una buona idea.
L’idea fu si buona ma si ritorse subito contro di me quando fu pronunciato il fatidico “Grazie amore. Ora mi farai da MASTER e mi ci farai giocare, vero?”
Apriti cielo, un altro gioco da studiare, comprendere ed approfondire per far felice la propria metà.
Cosa non si farebbe per amore, eh? Dopotutto, cos’altro avrei mai dovuto fare se non studiare quel manuale scritto di Riccardo Giuliani e Simone Fini della casa editrice Limana Umanìta – recenti protagonisti anche di una mia Intervista Impossibile – e mettere su un gruppo? Comunque, arriviamo al nocciolo di questo excursus che inizia a divenire anche piuttosto lungo e diciamo che Brass Age non era affatto quanto mi aspettassi.
Quando, infatti, cercai informazioni su internet – e dove altrimenti, mica esistono/evano testate di settore degne di questo nome – il responso fu “è un gioco SteamPunk”. Allora mi dissi: “oh, dai, fico, un gioco SteamPunk alla fine ancora l’ho davvero giocato,. Giusto solo qualche sparuta avventura, creata ad hoc da altri prodotti, per cercare di respirare quella atmosfera. Curioso come sino ad ora nessuno c’avesse pensato.” Ed infatti nessuno c’aveva affatto pensato…
Nonostante in questo GDR l’atmosfera SteamPunk, o meglio, i fumi derivati dal bruciare del carbone di una Londra Vittoriana di metà XIX secolo la facciano da padrone, esista una classe che fa questo per mestiere – un inventore in grado di replicare abilità attraverso congegni che sembrano usciti da un libro di Verne – e una delle corporazioni protagoniste sia molto vi giri intorno – si, gli Illuminati – di steampunk, inteso come genere, non ve ne trovai che una misera traccia.
Non c’erano gargantueschi Zeppelin che solcavano i cieli del Regno Unito. Nessun enorme congegno intento altro se non sbuffare fumo ogni tre per due e realizzare improbabili quanto affascinanti effetti. Niente occhialoni e chiavi inglesi a completare il vestiario di qualunque personaggi si aggirasse per i vicoli di Whitechapel.
Insomma, di SteamPunk poco o nulla e comunque non di fattura “canonica” e “letteraria”, ne tanto meno di quello succinto da cosplay con corsetto e tette in bella mostra mostra incorniciate da sigarone e occhialini tondi possibilmente a lenti blu scuro; si piacevole per gli occhi di maschietti e femminucce in cerca di carne fresca ed invitante, ma comunque non SteamPunk. Al massimo SteamPorn e, sinceramente, questa cosa mi è piaciuta. Molto.
Credevo infatti di avere fra le mani un prodotto fantasy ed invece mi ero ritrovato a sfogliare un prodotto letterario.
Si, perché Brass Age non è il classico gioco di ruolo in cui andremo come al solito in giro per magazzini, vicoli e caffè a pestare i cattivi per arrivare poi comunque al boss finale da (sigh) pestare a sangue e lasciare in una pozza di sangue, tronfi della nostra violenza. Decisamente no!
Brass Age è un gioco sofisticato e raffinato che fa dell’investigazione il proprio motore e della letteratura di XIX secolo la sua carrozzeria.
Un gioco in cui è meglio spremersi le meningi e trovare una soluzione pacifica, piuttosto che cercare di finire il livello menando tutto e tutti… anche perché con una pistolettata si avrà facilmente ragione di chiunque; quindi si all’uso della violenza purché cum grano salis.
Dopotutto si impersonano pur sempre dei distinti Gentiluomini e Gentildonne che vivono nella sofisticata città di Londra. Mica barbari pezzenti delle colonie d’America, rivoluzionari che lottano per proteggere la neonata Italia o selvaggi che vivono nelle foreste dell’Africa Nera. TZE!
Altro aspetto che mi colpi – e non poco – fu la sua tendenza a generare del sano PVP.
Breve inciso a riguardo:
-il PVP (Player vs. Player) vuole porre i personaggi in competizione tra loro, non necessariamente sfociando nella morte di uno di questi;
-il PVE (Player vs. Environment) pone i personaggi in necessità di fare gruppo, cosi da fronteggiare meglio le “minacce” provenienti dall’esterno;
Ecco, Brass Age, nonostante richieda che i giocatori siano tutti – senza alcuna esclusione, il regolamento parla chiaro – in qualche modo agenti dell’esclusivo Club Diogene (cercatelo su internet e fatevi due risate nello scoprire che questo è esistito/esiste realmente e chi ne è stato membro) e quindi al soldo della Corona Britannica, con il chiaro intento di proteggerla e salvarla dalle macchinazioni dei suoi nemici come da più classico PVE, il suo sistema dello scambio di missive e di contrazione di debiti/crediti con le corporazioni spinge prepotentemente verso la competizione più sfrenata tra coloro che sono seduti al tavolo, incarnandosi nella summa del Mors Tua Vita Mea tipica del PVP.
Come accennato, questo curioso “strumento” di gioco viene innescato da un peculiare artifizio che ho trovato stimolante e che si pone, se necessario, anche a soluzione se si è a corto di idee quando si ha intenzione di mandare a tutti i costi avanti una campagna… o peggio ancora, quando non si ha affatto idea di cosa far giocare e non si è in grado di andare a braccio.
Spiegato in soldoni: ognuno dei personaggi già di creazione avrà contratto un debito – di cui lui e solo lui è a conoscenza – con una delle molte cospirazioni e società segrete che vivono all’ombra dell’Impero di Sua Maestà e nel corso dell’avventura potrà, qualunque momento, chiederne l’aiuto – in realtà ad ognuna di esse, il giocatore può scegliere liberamente non solo a quella con cui ha già il debito di partenza – basta che poi si ricordi di questo “gentile aiuto” fornito perché, si sa, il crimine paga sempre i suoi debiti! Non offre Rat-Man (come sempre grazie Leo Ortolani per le tue pillole, apprese durante i miei anni di università).
Non vi è ancora chiaro come questo generi PVP? Presto detto: tale processo avviene sempre e solamente di nascosto. Richieste e offerte sono sempre contenute all’interno di una busta chiusa e, prima che vi poniate il dubbio, no questa non è una busta simbolica ma un oggetto reale, contornato da un atto concreto che è la sua consegna in modo “losco” che è parte integrante del gioco. Fondamentale ad alimentare il clima di sospetto che DEVE aleggiare durante una sessione di gioco di Brass Age.
Insomma, uno stupido accorgimento come una lettera in busta chiusa è riuscito a fare quello che in molti tentano da anni: creare tensione, suspance ed attesa e, come avrete facilmente intuito, capiterà presto che questa o quella corporazione vengano a chiedere di saldare il debito – con tutte le conseguenze del caso – solitamente ponendo il personaggi in difficoltà se questi dovesse venire scoperto dai suoi “colleghi”.
Prima che lo domandiate: si, ci si può sempre rifiutare di accontentare una richiesta… ma certo poi non meravigliatevi se i cattivi verranno a prendervi per farvi del male o vi faranno mancare il proprio appoggio quando necessario.
Il cocktail direi che è pronto. E’ ben schakerato ed ora va solo bevuto.
Gli ingredienti? Oh, tutti quelli che volete.
Si va da classici Massoni e Illuminati per passare ai rivoluzionari Irlandesi, sino alle componenti criminali rappresentate da Triade Cinese, Limehouse (l’alleanza delle bande criminali di Londra) e Underworld (comunità di reietti della società), per poi scoprire l’esistenza dei misteriosi Estranei (letteralmente degli alieni, rettiliani se preferite) e della folle Accademia delle Ombre, pazzi scriteriati che dicono di voler salvare il mondo all’Apocalisse e anello di congiunzione tra gli avvenimenti di Brass Age e quelli di Project H.O.P.E., altro gioco degli stessi autori ambientato durante la Seconda Guerra mondiale.
Ma allora perché se sembro cosi soddisfatto da questo prodotto lo associo in modo cosi incontrovertibile all’emozione della Malinconia? Ehhh….
Purtroppo non gioco a Brass Age da diverso tempo. Questo perché il mio gruppo dedicato si è sfaldato nel corso degli anni. Non è successo alcunché, cosa andate a pensare: Mauro, Francesca, Niccolò, Anthony, Lidia ed io stiamo bene. Semplicemente ognuno di noi ha seguito la propria strade e, a conti fatti, oggi ci risulta assai difficile anche solo vederci per fare due chiacchiere. Figuratevi giocare.
E quindi ovvio che quando mi fermo a riflettere a tutte le avventure passate insieme in quel di Londra, a caccia dei Doni di Mabon, provi della malinconia; quei tempi sono andati via e non torneranno mai – grazie Elio e le Storie Tese – e, anche al semplice scrivere queste righe, una simbolica lacrimuccia solca il mio viso.
Ma non lasciamoci con questo mio momento di tristezza, dedichiamolo piuttosto ad altro. Che so, ai bei ricordi passati insieme ai nostri amici, a tirare dadi intorno ad un tavolo, per il puro gusto di stare insieme…
…o alla consapevolezza di aver salvato ancora una volta l’Inghilterra.
Dio salvi la regina.
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