Oggi la rubrica della Tana dell’Orso compie tre mesi! Per qualche strano effetto dello scorrere del tempo (precessione degli equinozi, alieni o forse la P2?), però, la ricorrenza giunge con il tredicesimo appuntamento e non con quello precedente. A parte questo importantissimo e squisitamente rilevante dettaglio, vi do il benvenuto annunciandovi il tema di oggi: parleremo dei verdastri, putridi e tentacolari legami che vincolano indissolubilmente tra loro The Elder Scrolls V: Skyrim e Lovecraft.
Questo discorso è stato affrontato più volte, su svariati forum e su diversi siti.
Ma nella Tana andiamo più a fondo, perciò quest’articolo si dividerà in tre:
- nella prima parte vedremo, il più rapidamente possibile [mi credete ancora quando scrivo così?], gli aspetti più palesi ed evidenti che legano ai Miti di Cthulhu quello che molti considerano il capolavoro di Bethesda;
- nella seconda parte, invece, cercheremo di penetrare più in profondità, e sviscereremo insieme lo strato sottostante, meno ovvio e visibile, scavando -se necessario- anche con mani escoriate e unghie spezzate e sanguinanti;
- nell’ultima parte, infine, ci daremo alla più folle speculazione metafisica sull’universo immaginario di The Elder Scrolls.
Skyrim e Lovecraft: la versione ovvia e scontata
Sul piano più lampante, forse quasi banale, spuntano due elementi: Hermaeus Mora e Apocrypha.
Hermaeus Mora, Principe Daedrico della conoscenza, della memoria e della preveggenza: un’antica divinità che scruta e legge allo stesso modo il cielo e il tempo.
Il vecchio Herma Mora non è né propriamente malvagio né particolarmente buono e gentile, e si cura dei mortali solo in relazione alla loro conoscenza e, naturalmente, alla loro utilità per i suoi scopi; in Skyrim compare anche prima del DLC Dragonborn, che analizzeremo meglio più avanti, in cui invece è uno dei personaggi principali.
Il suo aspetto rientra perfettamente in quello che l’immaginario collettivo percepirebbe come lovecraftiano: un buco nella realtà, una zona di vuoto siderale da cui fuoriescono un caotico groviglio di tentacoli color verde petrolio, e un ammasso di enormi occhi dalle molteplici pupille.
La conoscenza, soprattutto quella proibita, è la sua specialità: miliardi di volumi, libri, tomi e pergamene formano l’architettura notevolmente non-euclidea del piano di Oblivion che costituisce il suo regno: Apocrypha.
Nel corso del DLC Skyrim: Dragonborn abbiamo modo di visitare più volte la brulicante, disorientante ed eccessivamente umida casa del Coltivatore di Uomini, come viene chiamato Hermaeus.
Strane e aliene guglie, costruzioni impossibili secondo le leggi naturali che governano il nostro mondo, pareti di viscido basalto e corridoi labirintici che sfidano la più ferrea logica, e un mare di libri per noi illeggibili, sopra un oceano d’oleosa acqua verdastra e tossica, da cui spunta qualche gigantesco tentacolo qua e là.
Tutto questo è Apocrypha, che mi sento di poter indicare con una certa sicurezza come l’interpretazione firmata Bethesda della leggendaria città sommersa di R’lyeh, dove il morto Cthulhu attende sognando.
E non stiamo considerando i Seeker e i Lurker, dall’aspetto notevolmente lovecraftiano (Dagon, Innsmouth, ecc.), che abbiamo analizzato in modo più approfondito negli articoli precedenti di questo filone. Non sto nemmeno ad accennare più di tanto alle rovine Dwemer sommerse dalle acque, al cui interno ci porta una della quest del gioco.
In apparenza sembra tutto molto permeato dall’immaginario di H.P. Lovecraft. Ma lo è davvero? Continuate a leggere e lo scopriremo insieme.
DLC Dragonborn: fan service per gli appassionati di Lovecraft…
Ok, il DLC di Dragonborn gronda, in modo piuttosto letterale, di atmosfere e paesaggi a cui attribuisco volentieri l’aggettivo di lovecraftiani.
Un’isola circondata da acque vorticose, paesaggi lunari costellati da funghi giganteschi, cultisti più o meno segreti, personaggi tranquilli e rispettabili che all’improvviso impazziscono o cadono in preda a strane trance oniriche, peculiari visioni che veicolano conoscenze proibite, e l’occasionale apparizione di qualche tentacolo a caso di un’antica entità extra-dimensionale: sì, tutto questo è molto bello e molto d’atmosfera.
Scavando sotto la superficie, però, i Miti di Cthulhu non sono soltanto tentacoli verdastri e culti ancestrali: alle fondamenta oscure, gelide e ansiogene delle opere del Solitario di Providence, come sappiamo bene, c’è l’orrore della scoperta dell’insignificanza del genere umano; c’è l’indifferenza di entità talmente antiche e potenti da poter sognare –piuttosto letteralmente– interi universi e la realtà stessa; c’è la follia che copre, come un piumone d’inverno, la mente umana per proteggerla, forse, dall’incommensurabile e inimmaginabile realtà.
Questo, in un videogame della tipologia di Skyrim, non sarebbe stato realizzabile. Per definizione il protagonista del gioco deve poter arrivare a contare qualcosa, deve poter interagire più o meno direttamente con queste entità, e deve poter riuscire anche a modificare, anche se di un infinitesimo, il loro operato o il loro pensiero.
Inoltre alla base della prosa (e della poesia) di H.P. Lovecraft troviamo anche i concetti di cose-che-non-dovrebbero-esistere e soprattutto di cose-che-non-dovremmo-conoscere; se il primo tema può essere reso piuttosto facilmente in un videogame, la trasposizione videoludica del secondo concetto è ben più complessa di quanto non possa sembrare a prima vista.
Non si tratta del semplice segreto da scoprire, ma di sollevare il velo che nasconde ai nostri occhi mortali la realtà che c’è dietro la realtà, e trovarla così aliena e incomprensibile da perdere la nostra stessa sanità mentale.
…Oppure c’è altro, sotto la superficie?
Buona parte di tutto questo, in Skyrim, non succede per ovvie ragioni. Ma c’è almeno un altro elemento che va analizzato: Miraak. La nostra nemesi è, potremmo dire, un’antica entità che cerca di utilizzare una popolazione isolata come strumento per costruire la strada che le permetterà di tornare nella nostra realtà.
Sì, forse va detto che il rapporto tra Skyrim e Lovecraft è più profondo e contorto di quanto non sembri a un osservatore casuale.
E noi non siamo osservatori casuali ma indagatori dell’occulto, non è vero? Bene. Procediamo.
Skyrim e Lovecraft: i meandri oscuri della nostra insignificante psiche
Più ci penso, e più trovo riferimenti, passaggi e collegamenti più o meno logici e sensati, non soltanto in Skyrim ma in tutta la saga di TES.
Bethesda, d’altronde, non ha mai fatto mistero della propria passione per le opere di Lovecraft, e praticamente ogni loro titolo ha un pezzetto di H.P. all’interno.
Vi riassumo, o almeno provo a farlo in un numero non troppo esagerato di parole, alcune tra le connessioni meno ovvie tra Skyrim e Lovecraft che la mia mente ha dato alla luce penombra in quest’ora tarda della notte. Sì, scrivo quasi esclusivamente di notte: silenzio, quiete, atmosfera e una connessione più veloce.
Per voi mi sono immerso nelle buie acque della lore di The Elder Scrolls, tra opere reali, pseudo-biblia (libri fittizi ma trattati come veri, come appunto il Necronomicon) e gli scritti, decisamente convoluti e vagamente inquietanti, degli autori del sostrato filosofico del gioco. Ne sono uscito illuminato, svariate ore dopo, ma con una discreta emicrania.
Aedra, Daedra, Grandi Antichi e Dèi esterni
Da una parte gli Aedra sono gli spiriti originari, entità divine più che altro benevole (tra cui i Nove Divini presenti in Skyrim e anche Lorkhan, il creatore del Nirn, cioè il piano d’esistenza dei mortali), mentre dall’altra i Daedra sono spiriti alieni e caotici, entità divine neutrali, indifferenti o addirittura malvagie, e non fanno parte del Nirn: sono gli dèi esterni, se vogliamo.
Gli Aedra, invece, sono antenati dei mortali: non solo discendiamo da loro, più o meno direttamente, ma hanno partecipato alla creazione del mondo con la loro stessa essenza, perdendo gran parte del loro potere. Oggi sono morti o morenti, e attendono sognando, influenzando sottilmente le vicende del mondo e interagendo in modo appena percettibile con pochissimi mortali. Mi ricordano parecchio i Grandi Antichi.
Ci sono alcune profezie che parlano di un’Alba e di allineamenti celesti che permetteranno agli Aedra di risvegliarsi, ma ci dilungheremmo troppo. Vi rimando ai link riportati in fondo all’articoloR, se volete approfondire la questione.
La conoscenza proibita dei Libri Neri
Una delle colonne portanti delle opere di H.P. Lovecraft è la conoscenza proibita contenuta in alcuni libri proibiti e segreti: il più famoso è il Necronomicon, scritto dall’Arabo Pazzo Abdul Alhazred. La lettura di questi libri può mettere lo sfortunato investigatore in contatto con i Miti di Cthulhu, ai danni della nostra sanità mentale.
In Skyrim: Dragonborn incontriamo alcuni Libri Neri che, una volta aperti, ci avvinghiano letteralmente con i loro tentacoli d’ombra, e ci trasportano nel reame proibito di Hermaeus Mora, cioè l’Apocrypha di cui abbiamo già discusso abbondantemente.
L’Oghma Infinium
Ci sono vari esempi di libri proibiti, nel cosmo di The Elder Scrolls: uno di questi è l’Oghma Infinium, che troviamo ben prima del DLC in questione. Nel corso di una normale avventura in The Elder Scrolls V: Skyrim, infatti, incontriamo proprio il vecchio Herma Mora che ci coinvolge in una quest… cruenta alla ricerca di questo tomo arcano, rilegato con la pelle delle varie razze di Nirn e, con ogni probabilità, scritto con il loro sangue al posto dell’inchiostro.
Una volta letto, questo libro scompare dal nostro inventario, non prima di averci resi più potenti.
Se il concetto è piuttosto lovecraftiano, il nome può essere un tributo a Dungeons & Dragons: Oghma, infatti, è la divinità maggiore della conoscenza nel pantheon del Faerûn; a sua volta quell’Oghma si riferisce al dio della saggezza, dell’ispirazione e della letteratura nella mitologia gaelica.
Le Antiche Pergamene (Elder Scrolls)
Sempre a proposito di conoscenza arcana e proibita: cosa c’è di più arcano, proibito e intriso di conoscenza delle Antiche Pergamene, cioè le Elder Scrolls stesse?
E quali pergamene segrete contengono eoni di conoscenze celate agli occhi della maggior parte dei mortali? I Manoscritti Pnakotici, un altro degli arcani pseudo-biblia scaturiti dalla penna di Howard Phillips, che in sostanza sono proprio delle antiche pergamene.
Le profondità di Blackreach
Una città in rovina, quasi dimenticata dalla storia, che sorge in un’immensa caverna a grande profondità nel sottosuolo, costellata di pallidi funghi giganteschi, spore fluttuanti e licheni luminosi che rischiarano gli oscuri corsi d’acqua che si fanno strada nel brullo paesaggio.
Qualcuno ha detto Yuggoth?
Ma c’è di più: Blackreach era abitata dai Dwemer, una misteriosa popolazione che è scomparsa nella sua interezza, in circostanze ancora più misteriose, lasciando però cibo, utensili ed edifici come se dovessero tornare da un momento all’altro.
E da chi o cosa è abitata oggi?
I Falmer, elfi regrediti
I bui anfratti di Blackreach sono abitati da una razza di creature deformi, cieche e semi-selvagge, che vivono a stretto contatto (e in alcuni casi all’interno) di alcuni enormi e ripugnanti insetti: i Falmer, con i loro chitinosi Chaurus.
Questi derelitti, però, in passato erano fieri Elfi della Neve; l’intera popolazione venne resa schiava dai Dwemer che, in aggiunta, costrinsero gli Elfi della Neve a nutrirsi di funghi tossici che, col tempo, li privarono del senso della vista.
La regressione animalesca (ricordate le scimmie bianche?) e a livello pre-umano è un tema molto presente nelle opere del Solitario di Providence, così come la degenerazione mentale.
Il che ci porta a…
Sheogorath, il dio folle
Molte delle entità immaginate da Lovecraft hanno menti strette nella morsa della pazzia; cito un breve passo da Alla ricerca del misterioso Kadath, che trovo appropriato:
«[…] i folli Altri Dei che vengono dall’Esterno, la cui anima e messaggero è Nyarlathotep, il caos strisciante.»
Anche in Skyrim incontriamo un dio folle ma estremamente potente: invece di dormire, però, questo organizza scherzoni, intrattiene interessanti conversazioni e mangia formaggio.
Avete capito a chi mi riferisco? Sheogorath, il Principe Daedrico della follia e del Caos, che regna sul suo piano del Manicomio, e che incontriamo in Skyrim durante una vacanza causata dagli eventi di TES IV: Oblivion. Va ricordato, inoltre, che Sheogorath è l’alter-ego di Jyggalag, il Principe Daedrico dell’Ordine e della logica: sono la stessa entità.
Il regno di questo Principe, nella sua versione folle, è separato in due metà: da un lato Mania, il lato stravagante, colorato, artistico e amante delle feste, e dall’altra Dementia, nettamente più oscura e orrorifica. Sheogorath è assistito da Haskill, il suo Ciambellano, e da una sua Corte di Nobili.
Quale altra divinità è completamente folle, è in una sorta di vacanza (per così dire…), è circondata da una corte di entità inferiori ed è servita da una sorta di ciambellano?
Sì, proprio l’Azathoth immaginato da H.P. Lovecraft, con la sua corte di musicisti e il suo servo – figlio, Nyarlathotep.
Anu e Azathoth: l’intricata cosmogonia di The Elder Scrolls
Azathoth, però, ha ispirato anche un’altra entità divina di The Elder Scrolls; mi riferisco ad Anu, cioè uno dei due concetti primordiali: l’Ordine, la Stasi e la Luce, opposte al Caos, al Mutamento e alla Tenebra dell’altro concetto-entità, Padomay.
Vi avviso: quello che state per leggere è il frutto della mia lettura dei vari libri che troviamo nella saga di TES, in particolare in Skyrim, nonché di alcuni scritti canonici e firmati dagli autori della lore di The Elder Scrolls. Si tratta di teorie complesse, non per forza coerenti e a volte astruse.
Io vi ho avvisati.
Anu e Padomay sono entità superiori agli Aedra e ai Daedra:
- i primi sono nati dal sangue di Anu mischiato a quello del fratello Padomay (e per questo sono neutrali o tendono alla benevolenza) quando questi hanno lottato;
- i secondi sono stati generati dal solo sangue di Padomay (perciò sono caotici e tendenzialmente malvagi);
- il sangue puro di Anu ha generato i Magna Ge, identificati con le stelle, e cioè i Figli di Magnus di cui parleremo più avanti.
Per farla breve, la mente di Anu è stata danneggiata da un evento particolarmente traumatico, cioè la morte dell’amata che poi è stata sostanzialmente trasformata nel Mondo (Nirn); il dio si è ritirato in sé stesso e ha iniziato a sognare, creando de facto Aurbis, l’intero universo in cui è ambientata la saga, nonché le anime (o forse gli avatar?) di sé stesso e di Padomay: rispettivamente Auriel e Sithis, che in qualche modo conosciamo nel DLC Dawnguard e nella quest della Confraternita Oscura.
Se mai Anu dovesse svegliarsi, la nostra realtà cesserebbe immediatamente di esistere. Proprio come accadrebbe per Azathoth nei Miti di Cthulhu.
Il complesso universo di Skyrim e The Elder Scrolls
Ora arriva la parte più intricata, che secondo me ha diverse sfumature ispirate alla tavolozza letteraria di Stephen King.
L’incontro – scontro fra Anu e Padomay ha creato la Ruota, cioè la struttura di Aurbis: l’Universo.
La Ruota ha creato la Torre, cioè l’ideale dell’esistenza del Vero Io all’interno dell’Io Universale.
Parafrasando le parole di Michael Kirkbride, uno degli autori della complessa lore di The Elder Scrolls: immagina di essere in grado di percepire, con tutti i tuoi sensi, l’implacabile terrore alieno che è dio (Anu / Azathoth), e il tuo posto all’interno di esso, che è ovunque e quindi da nessuna parte; realizza, ora, che cioè significa dissolvere completamente la tua individualità all’interno di un essere senza confini. Immagina tutto questo, e pensa di essere ancora in grado di dire “io“. Proprio quell’io è la Torre.
La scoperta e l’appropriazione del segreto della Torre è simboleggiato dalla costellazione del Ladro.
Visto che si parla di Torri e Stephen King, vi consiglio di leggere il ciclo della Torre Nera, se non l’avete già fatto.
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Il Godhead e il CHIM
Andiamo ancora più a fondo nell’oscura palude della lore di The Elder Scrolls. Riassumo il più possibile brevemente e, in media, anche brutalmente: si tratta di concetti anche più contorti di quelli che tratto abitualmente in questa rubrica.
Il Godhead è, in sostanza, Anu / Azathoth: colui che sogna l’universo.
Se qualcuno riuscisse a realizzare, in una sorta di sogno lucido all’interno del sogno cosmico, di essere soltanto un frammento dell’immaginazione del Godhead, svanirebbe nel nulla e fallirebbe la prova della Torre, di cui ho scritto nel capitolo precedente; se invece, pur dinanzi a quest’epifania, questo avesse una tale forza di volontà e una tale arroganza da continuare a credere di essere un’entità indipendente, allora entrerebbe nella Torre e raggiungerebbe lo stato mentale del CHIM.
Lo status di CHIM permette di plasmare l’universo consciamente, nel modo in cui si desidera, ma non di creare un universo ex novo; ci si porrebbe automaticamente a un livello superiore agli Aedra e ai Daedra, ma ancora al di sotto del Godhead – Anu – Azathoth. In termini videoludici, possiamo paragonare il CHIM a una sorta di console dei trucchi della realtà, in cui inserire comandi come godmode, giveitem, eccetera. Possiamo anche pensare a Neo in Matrix, o a colui che esce dalla Caverna di Platone.
La via per il CHIM è il cosiddetto Psijic Endeavor, chiamato anche Verità Tri-Angolare. Lo Psijic Endeavor c’entra solo marginalmente con il ben più noto Psijic Order che incontriamo in Skyrim, e di cui va ricordato il peculiare Misticismo, che sta alla base di parte della magia di Skyrim e in modo particolare delle Scuole di Alterazione ed Evocazione.
La via e l’ordine hanno una radice in comune: PSJJJJ, che è un termine che rappresenta l’azione in costante mutamento (cioè Padomay).
I tentativi di raggiungere il CHIM
Il primo tentativo di CHIM è stato quello del dio Lorkhan; un tentativo fallito, probabilmente sabotato da Lorkhan stesso così da mostrare ai propri successori cosa non fare. Eh, Lorkhan era fatto così. Apparentemente, secondo i chilometri di parole che ho letto nella fase di preparazione di questo articolo, le entità primordiali e gli immortali difficilmente possono raggiungere lo stato di CHIM perché, essendo infiniti, non possono individuare correttamente i propri confini all’interno dell’infinito più grande che è il sogno del Godhead.
In seguito sono arrivati al CHIM solo Lord Vivec, che è uno dei tre immortali re-dèi di Morrowind, e Tiber Septim, cioè il Talos di Skyrim, che ha retroattivamente cancellato dall’esistenza le giungle di Cyrodiil. Approfondiremo il discorso su Lord Vivec in una delle prossime uscite della rubrica, dedicata a The Elder Scrolls Online.
Un dettaglio, forse degno di nota: durante le mie ricerche ho letto un verso, presente in-game nei volumi del Mythic Dawn Commentaries che troviamo a Dawnstar, in cui ci si riferisce a Talos come al Re Rosso; mi è tornato in mente il Re Rosso (o Cremisi) di Stephen King, ho letto quelle che credevo fossero due righe, e di colpo erano già le sei del mattino.
Lo step successivo al CHIM: Amaranth
Non è finita: al di sopra del CHIM c’è un ulteriore passo da compiere, uno status ancora più potente: Amaranth.
Questo step finale consiste nell’uscire dal sogno dell’entità folle e sognante, il Godhead – Anu – Azathoth, in un certo senso scavalcarla e diventare noi stessi Godhead, dando vita a un nuovo universo su cui, però, non avremo alcun controllo così come l’attuale Godhead non l’ha sul sogno in cui è ambientata la saga di The Elder Scrolls.
Basta, torniamo con i piedi su Mundus; se qualcuno volesse approfondire, nei Bethesda Softworks Forums c’è più conoscenza di quella che le nostre deboli menti mortali possano gestire.
Varie ed eventuali: riferimenti miscellanei tra Skyrim e Lovecraft
Ci sono dozzine di altri riferimenti, come un certo Khajiit il cui nome, tradotto in Tender to the Mane, in realtà è R’leyt-harhr: non si nota una certa somiglianza con R’lyeh?
Potremmo parlare degli Orfani delle Stelle, i Figli di Magnus di cui abbiamo già accennato: gli autori della lore di The Elder Scrolls li descrivono come «una trappola simil-Tindalos per certi spiriti». Si tratta di un chiaro riferimento ai Segugi di Tindalos inventati da Frank Belknap Long, un corrispondente di Lovecraft che ha partecipato alla creazione dei Miti di Cthulhu, tant’è che Lovecraft cita i Tindalos nel suo racconto “Colui che sussurrava nelle tenebre“.
Infine potrei citare Alduin, un frammento di Akatosh (antico dio draconico del Tempo) che divora il mondo per proseguire un ciclo infinito di distruzione e creazione, per giunta in modo non troppo dissimile dai Reaper di Mass Effect. Ok, fermiamoci qui.
In conclusione: giocate Skyrim, con le giuste mod
Non so voi, ma io rigiocherò Skyrim per l’ennesima volta, dopo aver scoperto tutte queste nuove chiavi di lettura. Magari aggiungendo, alle mille mod che andrò a installare, anche quello incentrato proprio su R’lyeh, la nostra città sommersa preferita.
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Nel frattempo potreste sfogliare il Necronomicon i precedenti appuntamenti della Tana dell’Orso: ad esempio potreste dare un’occhiata alla mia lettura di Morrowind in chiave lovecraftiana, oppure potreste approfittare della speciale offerta 2×1 e scoprire i riferimenti lovecraftiani in Oblivion e Daggerfall, più o meno ovvi che siano.
Se invece voleste un capitolo della saga di The Elder Scrolls ambientato negli Abruzzi (Molise incluso), allora buttate un occhio alla combo mappa + storia introduttiva per The Elder Scrolls: Abruzzi. Bethesda, se mi stai leggendo scrivimi, parliamone.
Mentre aspettiamo che mi venga affidata la scrittura di un futuro DLC tutto abruzzese, vi do appuntamento alla prossima settimana con la Tana dell’Orso.