Diario del dott. Flammini 9 Novembre 1957 – Parte III

Diario del dott. Flammini 9 Novembre 1957 - Parte III

Diario del dott. Flammini 9 Novembre 1957 – Parte III

Ho avuto modo di visitare il Maestro e non sta molto bene, anzi, ha la febbre molto alta.
La tubercolosi – o scofula come la chiamano qui, si termine desueto – si sta aggravando e sostengono – idioti – che solo il tocco del Vero Re possa guarirlo: pagliacciate!

Ci vogliono degli antibiotici e alla svelta, ecco cosa ci vuole; non il tocco taumaturgico di un re. Ma qui avere antibiotici è come desiderar un bicchier d’acqua nel pieno del deserto: assolutamente impossibile. Barbari!

Oggi ho anche avuto modo di parlare con il fantomatico Barbiere, tal Diego. Un tipo interessante, non lo nego; dice di aver studiato medicina a Napoli prima dell’inizio delle ostilità ma di non essere mai riuscito a laurearsi. Ha imparato a fare di barba durante la guerra ed ora è cosi che si guadagna da vivere visto che fare il medico ora è illegale. O meglio, non è illegale solo che è mal visto e lui parrebbe non voler rogne di alcun genere.

Gregorio sembra fidarsi di lui, sebbene non mi abbia dato motivazioni del perché e sinceramente non so se questo sia un bene; comunque, concordiamo sulla diagnosi: ha la tubercolosi e se non facciamo subito qualcosa peggiorerà.

Continuo a sostenere la necessità di somministrargli farmaci ma Gregorio si ostina a non ascoltarmi, è come se avesse paura di qualunque cosa fosse più complesso di una carrucola. Dice che noi non possiamo capire, che non abbiamo visto cosa può fare la scienza… Era terrorizzato mentre blaterava di quel suo futuro ormai passato in cui uomini erano sopraffatti da macchine e che solo la cieca Fede in Dio ci avrebbe salvati dal freddo metallo.

Io cercato lo sguardo di Diego per trovare supporto morale e assistenza per non esser vittima di quei soliloqui ma lui ascoltava serio quanto il russo aveva da dire, quale ne fosse rapito. Rimane che ho fatto un giuramento e se diamo retta a quell’orbo il Maestro morirà.

Devo convincerlo, assolutamente. Sembra piuttosto malleabile ma avrò bisogno di un laboratorio e di attrezzi che di certo non troverò qui.

Sento che non riuscirò a far nulla: che impotenza, sono un medico eppure senza i miei strumenti sono solo un uomo. E’ forse questa la mia maledizione? Questo il mio inferno? La mia Cicatrice del Corpo? Il mio Purgatorio dell’Anima?

Devo fare qualcosa! Morirà!

<-Capitolo XXIX Capitolo XXXI->

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