Diario del dott. Flammini 8 Novembre 1957
Ho finito solo ora! E’ stato difficile ma ci sono riuscito! Dio, la medicina qui non è che è ferma ai tempi della guerra, no, è proprio tornata agli albori della scienza. Non credo di poter fare molto cosi ma tenterò comunque…
Certo, avrò bisogno di strumenti adatti per preparare qualcosa di utile ma quel tale, Gregorio, non è che mi sembri un esperto in materia. Ma io dico: ma come è possibile bandire qualunque tipo di medicinale realizzato artificialmente?
E’ pura follia, ecco! Cosi si rischia di morire anche con un semplice raffreddore…
Lo trovo folle e stupido e mi stupisco ancora quando ragiono a quante persone vivano in uno stato di salute tutto sommato accettabile o discreto qui…
Comunque, ho visitato il paziente e sembra mostrare sintomi di tubercolosi. Potrei certamente aiutarlo se non mi ritrovassi nell’era della pietra e avessi qui i miei attrezzi, ma purtroppo cosi non è sono costretto a ricorrere a queste erbe, pardon che sennò si offendono, questi rimedi officinali
Omeopatia: pura e semplice omeopatia, robaccia.
Non serve a un cazzo questa roba e domani hanno anche detto, con orgoglio, che mi portano a parlare con il barbiere che lui può aiutarmi…. Il barbiere, certo, e perché no, anche dall’esorcista di quartiere e dal becchino, sia mai che muoia lungo il tragitto e ci si porti avanti con il lavoro.
Ho provato a parlare con questo Gregorio, il frate ospitaliere che qui si occupa dei feriti e degli ammalati. Gestisce un lazzaretto non troppo distante o almeno cosi ho intuito, non parla benissimo. Dice di aver fatto l’infermiere durante la guerra, dice lui; un barelliere dico io. Ha combattuto in Russia ed è tornato indietro vivo per raccontare quella tragedia.
Porta uno strano tatuaggio dietro il collo e quando gli ho chiesto cosa fosse ha preferito rimanere in silenzio e fingere che non avessi chiesto alcunché. Sono abbastanza sicuro fosse fatto a fuoco vivo, come quello usato per il bestiame, che poi sarebbe la cosa più strana di quel tizio se escludessi la sua un orbita completamente vuota; sembra quasi che gli abbiano scavato l’occhio fuori. Mi mette i brividi. Beh, d sicuro non avrà ragazze con quell’occhio.
Ragazze, ma di cosa sto parlando: è un frate, non può volere ragazze. Io invece si, inizio a sentire la mancanza di quel tipo di compagnia ma fin quando ho indosso questi panni conviene che mi tenga a freno: ho come il sentore che il Maestro non abbia avuto tempo di rivelare la mia identità ad alcuno.
Meglio che prenda anche appunti oltre che trascrivere i miei pensieri:
ho visitato il paziente; ha la febbre alta, forse 38;
io e Gregorio stiamo facendo degli impacchi sulle zone più calde;
Gregorio non ne capisce molto, è un pessimo assistente, ho tentato di spiegargli che serve fare urgentemente dei test ma non vuole sentire ragione;
domani consulteremo il barbiere, “lui sa cosa fare” dice Gregorio;
“io so già cosa fare” ribadisco fermamente;
Oggi ho anche parlato in refettorio con una persona, si fa chiamare Amos: fra Amos.
Me lo sono trovato di fianco mentre mangiavo.
Sembra un tipo anonimo e non ho affatto avuto voglia di scambiarci parola ma ha insistito.
Dice che è arrivato da poco, circa una settimana e che sta aspettando di incontrarsi con Raimondo. Ho provato a spiegargli che sono io ma di tutta risposta mi ha solo sorriso ed ha continuato a mangiare come se non avessi detto nulla.
E’ uscito come se nulla fosse e si è recato a svolgere i suoi esercizi spirituali ma poco prima di lasciare la sala mi ha detto che verrò più tardi a parlare con me, amichevolmente.
Ha sottolineato questa cosa e non capisco perché.
Ora sto ingannando il tempo qui seduto con la penna in mano attendendo che giunga e non so assolutamente cosa fare se non attendere che bussi.
<-Capitolo XXVI – Capitolo XXVIII->
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