Abituati alla lentezza della giustizia italiana ci siamo un po’ sorpresi quando abbiamo scoperto che oggi si è concluso il processo lampo Zenimax contro Oculus VR. Ne avevamo parlato appena una settimana fa con la richiesta dell’accusa e oggi è arrivata la sentenza.
Nel processo, per riassumere in poche parole, Zenimax accusava Oculus VR (oggi di proprietà di Facebook) di aver utilizzato alcuni codici di suoi dipendenti che non sarebbero dovuti essere usati per la realizzazione del visore per la realtà virtuale perché facenti parte di un accordo di non divulgazione. Alla fine del processo i giudici hanno in parte accolto le richieste dell’accusa, condannando Oculus VR a risarcire la bellezza di 500 milioni di dollari suddivisi in 50 milioni per false attestazioni di Palmer Luckey, fondatore di Oculus, 50 milioni per false attestazioni di altri soggetti, 150 milioni per false attestazioni da parte del’ex CEO Brendan Iribe, 50 milioni per violazione del copyright e 200 milioni di danni punitivi.
Anche se alla fine Zenimax ha ottenuto giustizia, può festeggiare solo a metà in quanto la richiesta iniziale era stata di 2 miliardi di dollari per i motivi sopra citati e altri 2 miliardi di danni punitivi. Ovviamente Oculus ricorrerà in appello.