Il mondo dell’intrattenimento sta attraversando un’era un po’ controversa. Il mercato cinematografico negli ultimi anni ha sfornato – e continua a sfornare – decine di remake di titoli celebri di qualche decennio fa. Logan’s Run, Planet of the Apes e Blade Runner sono solo alcuni dei marchi che abbiamo avuto l’occasione di vedere recentemente (o che vedremo presto) sul grande schermo, e che hanno come denominatore comune l’appartenenza al mondo fantascientifico. Senza contare il ritorno dell’imponente Star Wars, che si appresta nei cinema con l’episodio IX, o dell’esordio di piccole (ma grandi) serie come Stranger Things e Rick n’ Morty, entrambi successoni su Netflix. Una rivoluzione così imponente che alcuni critici hanno osato definire gli anni 2010 come il decennio caratterizzato dal “revival della fantascienza”.
Anche il mercato videoludico ha risentito di questa influenza: affievolitosi un po’ il “momento zombie”, possiamo menzionare Horizon: Zero Dawn, No Man’s Sky o Destiny come alcuni tra i più celebri brand futuristici che abbiamo avuto modo di giocare da qualche anno a questa parte. Anche MercurySteam, un piccolo studio indipendente spagnolo, si è fatto coinvolgere dal fenomeno, lanciando su PlayStation 4, Xbox One e PC Raiders of The Broken Planet.
Uno Spaccato del Pianeta
Raiders of the Broken Planet è un particolare sparatutto caratterizzato da una buona componente tattica e pensato principalmente per essere giocato online. Il setting, come suggerisce il titolo, è il Broken Planet, un pianeta situato a 25 anni luce dalla Terra. In seguito ad una violenta guerra che ha portato, un millennio prima, alla distruzione del pianeta stesso, la popolazione locale si è adattata ad una vita frugale e disdegna l’utilizzo di ogni tecnologia.
Dall’enorme frattura presente sulla superficie del Broken Planet è possibile prelevare l’Aleph, un’incredibile fonte naturale di energia. A distanza di mille anni dall’accaduto, la razza umana è decisa a prendere possesso dell’Aleph, ed a liberarsi di chiunque si intrometta tra loro ed il pianeta. Il protagonista è Harec, un giovane miracolosamente sopravvissuto all’assalto umano che ha decimato il suo villaggio natale. Merito della sua guarigione è proprio l’Aleph, che si è instillato nel suo corpo e che gli ha donato una sorta di superpotere. Accecato dal desiderio di vendetta, l’obiettivo di Harec è quello di difendere il pianeta dall’assalto umano: per farlo, avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile, e deciderà di reclutare altri Raiders.
L’Aleph nelle vene
Il gioco viene distribuito in digitale e diviso in episodi rilasciati a cadenza bimestrale, ognuno dei quali ci garantirà l’accesso a quattro missioni della modalità principale ed alcuni Raiders. Le meccaniche principali del gioco sono molto particolari: all’inizio della partita avremo un numero definito di vite, condivise da tutti i membri della squadra. Quando queste saranno esaurite, partirà un timer durante il quale ogni morte subita sarà decisiva. Al termine del countdown le vite saranno ripristinate, ma ogni volta che le vite saranno terminate, il tempo di ricarica delle stesse risulterà aumentato.
Durante il gioco non è presente alcun radar: i nemici saranno sempre visibili attraverso i muri a causa dell’Aleph che scorre nelle loro vene. La cosa però è reciproca, e la nostra posizione sarà palese ai nostri nemici non appena la barra dell’Aleph si sarà riempita a seguito, ad esempio, di una corsa prolungata, dell’attivazione di un dispositivo o semplicemente dopo aver fatto fuoco. Oltre a rivelare la nostra posizione, avere la barra carica impedirà alla salute di rigenerarsi, costringendoci a trovare riparo dai colpi nemici e restare immobili per qualche istante.
Fare fuoco sugli avversari è decisamente il modo più efficace e veloce per eliminarli, ma per recuperare preziose munizioni dai cadaveri sarà obbligatorio abbatterli in corpo a corpo. Alcuni nemici saranno incredibilmente ostici e sapranno schivare prontamente i nostri affondi, e se non avremo i riflessi pronti, non esiteranno ad atterrarci con un solo colpo. Fondamentale dunque sarà la scelta del Raider da utilizzare prima della missione: ogni personaggio ha le sue caratteristiche e i suoi “poteri”, ed alcuni di essi saranno consigliati per cimentarsi in una data missione piuttosto che in un’altra.
Dalla parte del torto
In generale, il livello di sfida del gioco è piuttosto alto. Ci vorrà qualche oretta di gioco per imparare a padroneggiare al meglio il singolo Raider. In modalità single player, il grado di difficoltà può essere impostato all’inizio della partita, influenzando anche le ricompense ricevute. Interessante inoltre la modalità Avversario, paragonabile alla Modalità Competitiva di Left 4 Dead. In Avversario, entreremo in gioco in una missione online di qualche giocatore, nei panni, appunto, di un nemico. Il nostro compito sarà quindi ostacolare gli altri giocatori nel raggiungimento del loro obiettivo, cercando lo scontro diretto in battaglia o sabotandone l’operato.
Dal punto di vista tecnico, Raiders of the Lost Planet è ben lontano dall’eccellenza. Seppur vero che le ambientazioni e i modelli dei personaggi sono abbastanza dettagliati, il subdolo utilizzo del famigerato effetto di aberrazione cromatica copre delle texture non troppo pulite. Il gioco, inoltre, non brilla per la quantità e la qualità degli effetti mostrati. Gli effetti sonori non convincono appieno e le musiche mancano di carattere. L’interfaccia nei menu trae liberamente ispirazione da quella di Destiny, con riquadroni piatti e un cursore sferico; quella in battaglia invece risulta intuitiva e pulita.
Mercury Steam tenta di sfondare in un genere piuttosto saturo con uno sparatutto che eredita caratteristiche comuni in svariati giochi, ma ci mette del suo con la sua buona dose di tatticismo in battaglia. Raiders of the Lost Planet ha una lore piuttosto profonda e l’aggiunta di meccaniche originali sono la prova dell’impegno profuso dallo studio nello sviluppo e il futuro mantenimento del titolo, scendendo però a compromessi sul piano tecnico.