Recensione Last Day of June
Il videogioco è una forma d’arte. Questo è il concetto per cui studi di produzione come Tale of Tales o Chinese Room si sono battuti e continuano a farlo tutt’ora, nonostante le aspre critiche ricevute nel corso degli anni. L’avvicinare il videogioco all’arte contemporanea multimediale a discapito del gameplay, infatti, ha fatto storcere il naso a molti e ha portato a coniare il termine dispregiativo walking simulator. Negli ultimi anni, tuttavia, grazie anche al successo di critica come Gone Home, il pubblico ha cominciato a rivalutare questo tipo di avventure.
Last Day of June, opera realizzata dagli italiani Ovosonico, appartiene anch’esso a questo filone di giochi non giochi, ma saprà sicuramente conquistare il pubblico grazie alla sua storia emotivamente coinvolgente e ad una direzione artistica assolutamente sopraffina.
A cavallo tra poesia e realtà
Last Day of June racconta una storia d’amore e di quotidianità allo stesso tempo. Vestiremo i panni di un ragazzo occhialuto e, assieme a lui, dovremo tentare l’impossibile: cambiare il passato.
I primi istanti del gioco ritraggono il nostro protagonista in compagnia dell’amore della sua vita trascorrere una romantica giornata in riva al lago. Tutto ciò avviene durante il tramonto, con dunque un ampio uso di colori caldi sfruttando una paletta dal giallo al violaceo e dove ogni singolo frame risulta degno di essere incorniciato.
L’idillio amoroso, tuttavia, viene ben presto spezzato dalla pioggia, che altro non è l’anticamera del dramma che si sta per consumare. Dopo pochi minuti infatti, ci renderemo conto che non si tratta altro che di un flashback del nostro protagonista occhialuto.
Ci risveglieremo in preda alla disperazione, confinati su una sedia a rotelle e con il cuore in frantumi: una semplice scampagnata si trasforma così nella tragedia più grande. June, la ragazza, non c’è più. E’ morta e non c’è alcun modo di riportarla indietro. Non c’è davvero niente che si possa fare?
E’ a questo punto che si consuma la magia. Nel profondo del sonno, potremo ricordare la giornata appena trascorsa e, vestendoci di volta in volta dei panni di uno degli altri abitanti del piccolo villaggio in cui viviamo, cercare di cambiare l’ordine naturale degli eventi.
Un destino segnato
Cercheremo di cambiare ogni evento che possa scatenare la tragedia combattendo contro un vero e proprio effetto farfalla. Cambiare le azioni di un bambino prima o di un baffuto cacciatore, tuttavia, per quanto sembri nel sogno aver sortito l’effetto desiderato e aver modificato il passato, al risveglio la situazione si rivelerà la stessa.
Saremo nuovamente a tu per tu con la nostra disabilità e un dolore incommensurabile che solo chi abbia subito la perdita di una persona cara può concepire.
Possiamo cambiare il destino, dunque? C’è un modo? La conclusione di questa triste storia cominciata nel migliore dei modi vi darà la risposta. Per quanto non si tratti di un finale imprevedibile sarà comunque capaci di emozionarvi e, perché no, di strapparvi qualche lacrima.
Più emozioni che azioni
Last Day of June appartiene a quel filone di giochi story driven, dove il gameplay è messo in secondo piano e lascia le luci del palcoscenico alla storia.
Il modo in cui veniamo accompagnati nei ricordi e con enorme sforzo di volontà tenteremo di cambiare il corso degli eventi fa immediatamente pensare a To The Moon. Anche qui il passato gioca un ruolo fondamentale per lo svolgimento della storia e vi è uno stravolgimento della consecutio temporum che costringe il giocatore a ricostruire le vicende come un puzzle.
D’altro lato, la possibilità di vestire i panni di più persone legate tra di loro pare un chiaro rimando a quel Brothers: A Tale of Two Sons che già commosse la critica un paio di anni fa grazie alle sue struggenti vicende.
Esattamente come questi titoli, tuttavia, il gameplay di Last Day of June risulta estremamente limitato. Potremo infatti muoverci solamente all’interno di ambienti circoscritti, eseguendo azioni scriptate e risolvendo enigmi dalla semplicità disarmante.
A questo va unito una quantità striminzita di token da recuperare il cui ruolo sarà, ancora una volta, aiutarci nel comprendere le vicende fornendoci un background sui singoli personaggi di cui assumeremo il controllo.
Repetita iuvant ma con moderazione
Il gioco presenta anche momenti di frustrazione a causa dell’impossibilità di cambiare velocemente da un personaggio all’altro e costringendoci a assistere inermi più e più volte al filmato finale che sottolinea la nostra incapacità di aver trovato la giusta concatenazione di eventi volti ad evitare la tragedia.
È possibile che questa scelta sia voluta. Del resto lo stesso Okarin, protagonista dell’anime Steins;Gate è stato costretto ad assistere alla morte della propria amica innumerevoli volte al fronte di ogni tentativo di cambiare il destino andato in fumo.
Forse l’intento di Ovosonico è proprio questo: costringere il pubblico ad assistere a questa tragedia più e più volte e farci notare come quello che per noi può essere considerato tedio, per il protagonista significhi rivivere in continuazione l’evento più traumatico della propria vita.
In comune con i sopracitati giochi, inoltre, vi è l’estrema brevità del titolo, che non porterà via al giocatore più di 3 o 4 ore per completare la storia, raccogliendo anche ogni possibile artefatto.
Una storia dipinta di musica
Ciò che davvero rende Last Day of June un piccolo gioiellino è la cura certosina con cui è stato realizzato il comparto grafico. E’ possibile riconoscere due direttive artistiche ben distinte: da un lato abbiamo i personaggi, di pura ispirazione Burtoniana, dall’altro degli scenari da cartolina, caratterizzati da colori brillanti e d’impatto.
Si passa dai sopracitati colori caldi del cielo che dipingono anche l’erba di sfumature giallo-arancio anziché di verde smeraldo al momento del sogno, in cui i colori dominanti sono il blu e il bianco dato dalla luce lunare che dipinge le forme delle case e delle piccole viuzzole.
Ogni singolo passo all’interno degli scenari minuti, sia esso all’interno di una abitazione o per le stradine del villaggio, è degno di essere immortalato come se fosse un quadro impressionista di scuola francese. La cura per il dettaglio è lasciata in secondo piano in favore di uno sfumato che ricorda la pittura ad olio, dando quindi la sensazione che sia stato completamente dipinto a mano.
La colonna sonora, composta dal veterano del rock progressivo Steven Wilson, ben si adatta a descrivere le piccole scenette che si susseguono su schermo. A volte con dolci melodie di chitarra acustica o orchestrali, altre volte con brani più duri e tendenti al rock, il polistrumentista britannico con la sua voce unica è riuscito a catturare con maestria il mood dell’opera creando un pacchetto davvero mozzafiato.
In conclusione
Last Day of June è una poetica tragedia che vede protagonisti due innamorati e un piccolo villaggio. Il suo focus non è sul gameplay che, per quanto riserva idee peculiari, rimane comunque limitato e il punto debole del gioco. La forza di Last Day of June sta in come gli sviluppatori siano riusciti a fondere storia, art design e musica, creando un pacchetto capace di far sciogliere il cuore a chi decida di immergercisi. Un ottimo lavoro tutto italiano.