David Cage si ama o si odia. Nel corso della sua carriera, il fondatore di Quantic Dream non è mai riuscito a mettere d’accordo tutti. Da una parte, una nutrita schiera di fan pronta a difendere le sue produzioni fino al piccolo dettaglio, dall’altra detrattori preparati invece a mettere a nudo tutte le problematiche oggettive dei titoli partoriti dal papà di Fahrenheit e Heavy Rain. Inutile dire che Beyond: Due Anime non nasce per smentire chi non ha mai apprezzato questo genere di lavori, anzi, punta a evolvere ulteriormente un concept che cancella in maniera talvolta eccessiva il delicato confine che separa cinema e videogioco. Il problema poi è come l’idea viene sviluppata.
Beyond: Due Anime racconta la storia di Jodie Holmes, ragazza splendidamente interpretata dall’attrice Ellen Page, che sin dalla nascita possiede poteri sovrannaturali donatele da un particolare rapporto che la lega a un’entità invisibile chiamata Aiden. Vista l’impossibilità di affidarla a una famiglia normale, viene cresciuta dallo scienziato Nathan Dawkins, interpretato da Willem Dafoe, e dal suo assistente, che di fatto accompagnano la crescita della piccola fino all’adolescenza. Una sceneggiatura dai connotati dunque più semplici rispetto quelli complessi di Heavy Rain, potenzialmente molto interessante ma che non riesce a “bucare” lo schermo come sembra poter fare dalle prime battute.
David Cage ha optato infatti per un particolare tipo di narrazione che stravolge tutti gli eventi, scegliendo quindi di raccontare vari aspetti della vita di Jodie in modo puramente casuale, senza alcun ordine cronologico. Una scelta azzeccata da un certo punto di vista dato che è in grado di tenere alta la tensione, ma che purtroppo non si rivela vincente a causa di una sceneggiatura troppo altalenante incapace di intrattenere il giocatore allo schermo come invece sapeva fare Heavy Rain. Questo perché l’ordine degli eventi è davvero puramente casuale: se la narrazione frammentaria in un film come Memento aveva una precisa scelta logica che alla fine regalava un pacchetto completo e coerente con quanto visto, nel caso di Beyond non funziona perché è semplicemente mal sfruttata. Aldilà di un evidente ordine casuale tra le varie scene, fatta eccezione per un paio di situazioni che al contrario riescono a incastrarsi perfettamente, l’impressione è che lo sviluppatore abbia cercato di forzare il ritmo per sorprendere il giocatore, peraltro senza riuscirci. Si passa da momenti ad altissimo tasso adrenalinico che si rivelano essere i migliori dell’intera produzione, anche dalla prospettiva del gameplay, ad altri dai ritmi troppo blandi che finiscono soltanto per portare alla noia. Addirittura, sono presenti episodi che seppur progettati per raccontare alcuni momenti della vita di Jodie, si rivelano totalmente estranei all’intera sceneggiatura: come se fossero stati inseriti per allungare forzatamente una longevità che sarebbe stata altrimenti più bassa rispetto le 8-10 ore promesse ed effettivamente disponibili.
A quel punto ci si fanno delle domande, ci si chiede se non sarebbe stato meglio ridurre le ore di gioco (del resto, parliamo di una produzione che per intenzioni nasce per distaccarsi dal videogioco tradizionale) e cercare di approfondire al contempo meglio i rapporti e i vari aspetti della vita della protagonista senza aggiungere forzatamente delle situazioni che di fatto non lasciano poi nulla ai titoli di coda. Giocando Beyond: Due Anime si ha la costante impressione che qualcosa debba scoppiare da un momento all’altro, che ci sarà prima o poi una decisa accelerata nel modo di porre le cose e rispondere alle domande, naturali, che nascono ora dopo ora. Invece non succede niente di tutto questo: complice una sceneggiatura che alla fine della giostra si rivela semplice e banale, solo il livello di recitazione dei due protagonisti tiene in piedi una baracca che altrimenti comprende personaggi e situazioni stereotipate, dialoghi solamente nella media, eccessive forzature in certi momenti e infine una totale mancanza di colpi di scena se non per il finale, quando finalmente si scopre la natura di Aiden.
E proprio parlando dell’entità sovrannaturale che accompagna Jodie per tutta l’avventura, spiace notare come così tante potenzialità sia dal punto di vista narrativo che del gameplay siano andate totalmente sprecate. Il rapporto con la protagonista non viene mai approfondito più di tanto e non si riesce a creare un legame vero e forte tra i due. Alla fine, è anche un po’ triste ammetterlo, Aiden viene mostrato dalla storia più come un mezzo per Jodie che un vero e proprio amico con cui rapportarsi nei momenti difficili. Le poche situazioni di intimità tra i due puzzano di già visto, scadono facilmente nel banale e non sono in grado di coinvolgere come si deve il giocatore. E si torna quindi al discorso fatto in precedenza: invece di aggiungere alla salsa altri ingredienti che alla fine non cambiano le carte in tavola ma al contrario servono solo per allungare inutilmente la storia, non era meglio concentrarsi su pochi aspetti e approfondirli come si deve?
Ragionamento di potenzialità sprecate che si applica anche al particolare gameplay che da sempre contraddistingue le produzioni Quantic Dream. Sebbene le promesse millantate dallo sviluppatore fossero quelle di dar al giocatore totale libertà di scelta per plasmare una storia basata sulle proprie decisioni, il sistema di scelte si rivela semplice, non incisivo come sperato e che infine non restituisce risultati diversi da un Mass Effect a caso. In buona sostanza, nel corso della storia l’utente si trova a prendere decisioni che cambiano magari il corso degli eventi nell’immediato, ma che infine portano allo stesso risultato. Usando una metafora: è come cambiare un percorso per arrivare comunque sempre alla stessa destinazione. È limitante e un grave difetto che inficia la valutazione dell’intera produzione. Troppe volte si ha la sensazione che il giocatore sia costretto ad assistere comunque a certe scene, che non abbia quel potere decisionale promesso dagli sviluppatori e quindi di costruire come sperato la storia personale. Basta prendere in esempio alcuni momenti in cui l’utente viene messo di fronte a piccole scelte (come accettare o meno l’invito a ballare da parte di un ragazzo durante una festa) e notare come in entrambe le possibilità selezionate portino comunque a una situazione voluta dalla storia, non dal giocatore. Scelte insomma davvero limitate e quelle importanti, che cambiano poi il finale (23 quelli promessi, ma le differenze vere possono contarsi solo con una mano), si prendono proprio nei momenti conclusivi dell’avventura.
Limiti evidenti che si applicano anche al gameplay. Aiden ha ad esempio la possibilità di controllare o uccidere i nemici di Jodie. Peccato che anche qui sia tutto deciso anticipatamente dal gioco: non si può scegliere chi controllare o uccidere, dunque eventuali strategie di aggiramento che potrebbero essere applicate nelle fasi più “giocate” dell’avventura sono già decise a tavolino. La libertà d’azione è pressoché nulla, per un sistema che infine si rivela addirittura più limitante rispetto quello già non particolarmente dinamico messo in mostra in Heavy Rain. Non si possono prendere nemmeno decisioni “pesanti”, come uccidere o meno un personaggio, visto che “interviene” subito la storia a rendere vane le intenzioni del giocatore.
E in tal senso, è paradossale ammettere come le sezioni dal gameplay più tradizionale si rivelino in assoluto le peggiori di tutto quanto viene messo in mostra da Beyond: Due Anime. L’assenza del Game Over annulla qualsiasi possibile tensione derivata da situazioni in cui bisogna ad esempio aggirare i nemici in maniera furtiva. Visto che è impossibile perdere, è naturale chiedersi perché agire in modalità stealth: e infatti non cambia niente, che vi facciate scoprire o meno, al massimo complicherete un attimo il percorso, ma arriverete comunque all’obiettivo. Lo stesso vale per i QTE: che vengano falliti o meno poco importa, la storia troverà sempre un modo per farvi arrivare a un percorso già deciso e non quindi di modificare quest’ultimo di conseguenza come invece accadeva in Heavy Rain. Sezione finale esclusa. E ci mancherebbe.
E allora per sintetizzare abbiamo un prodotto che deve puntare sicuramente a storia e sistema di scelte per giustificare un gameplay progettato per dare essenzialmente un’esperienza di stampo cinematografico. Peccato che la trama sia assolutamente nella media, e sebbene più coerente e meglio costruita rispetto quella piena di “plot holes” vista in Heavy Rain, non riesce a catturare anche a causa di uno scarso approfondimento di temi che avrebbero meritato maggior attenzione. Le sessioni di gioco cinematografiche si rivelano uno specchietto per le allodole, l’incidenza del giocatore sulla storia è minore rispetto quanto promesso ed esplode soltanto nelle fasi finali, mentre le parti di gioco tradizionali si rivelano troppo guidate e impossibili da perdere per via dell’assenza del game over, e di conseguenza noiose e tedianti.
Tutto sommato, se David Cage e Quantic Dream mostrano ancora qualche problema nel costruire, raccontare storie e proporle in modo interattivo, lo stesso non si può certo dire del comparto tecnico. Precisando prima tutto come il gioco non sia chiamato certo a gestire la mole di contenuti di un The Last of Us a caso, l’impatto visivo è senza dubbio il migliore mai visto su PlayStation 3. I due protagonisti possono vantare un livello di dettaglio e cura sotto ogni punto di vista che ha del maniacale e lo stesso può dirsi delle varie ambientazioni. Livello di dettaglio e cura che cala non appena si passa ai personaggi secondari o si analizzano elementi come esplosioni e acqua. Lì si notano i veri limiti di un engine progettato chiaramente per mostrare prima di tutto certe cose, al posto di altre. Bene colonna sonora e doppiaggio in italiano, soprattutto per quel che riguarda i personaggi principali. Un po’ meno tutti gli altri.
Commento finale
Non è stato semplice valutare un prodotto come Beyond: Due Anime. Da una parte si apprezza senz’altro l’intenzione da parte di Quantic Dream di offrire agli appassionati di videogiochi un prodotto diverso dagli standard e sicuramente molto coraggioso. Dall’altra bisogna mettere in conto le problematiche dettagliate in fase di recensione.
Beyond: Due Anime non è certo una produzione da meritare l’insufficienza come ha fatto, forse con un eccesso di zelo e cattiveria, parte della stampa internazionale, ma nemmeno da conquistarsi lodi tali da garantirgli lo status di capolavoro. Se la verità come sempre sta nel mezzo, il nuovo lavoro di David Cage si rivela un prodotto gradevole, seppur non eccezionale. Chi non ha mai amato Cage non cambierà idea, chi ha sempre apprezzato i suoi lavori probabilmente amerà anche questo, ma non si nasconde che qualche fan possa rimanere deluso considerato che in fondo, valutando tutte le componenti in gioco, riteniamo Beyond un gradino sotto rispetto Heavy Rain.
Quantic Dream è già al lavoro su PlayStation 4. La speranza è che il prossimo progetto non rinneghi quanto fatto finora per garantire quella varietà necessaria in un’industria ultimamente avara di vere novità, ma che riesca finalmente a sfruttare come si deve tutte le potenzialità messe in gioco.