Partendo dal presupposto che Splinter Cell: Convinction aveva comprensibilmente deluso parecchio per via della sua deriva fortemente improntata all’azione tale da mettere da parte persino alcune delle caratteristiche proprie della saga, rivedere Sam Fisher con il suo equipaggiamento standard alla prima presentazione di Splinter Cell: Blacklist è stato motivo di gioia e speranza circa le qualità del sesto capitolo della serie.
E le aspettative sono state fortunatamente rispettate. Allineandosi in pieno al marketing che identifica il prodotto come il più grande Splinter Cell di sempre, al termine della nostra prova possiamo sicuramente dire che mai messaggio pubblicitario è stato più azzeccato: Blacklist è davvero l’episodio di Splinter Cell più vario e grande nella storia della saga, in grado di mischiare innovazione e tradizione con la sapiente efficacia di chi ha intenzione di accontentare tutti i palati.
Anche quelli di coloro che, al contrario, hanno gradito parecchio lo Splinter Cell in salsa action che era Convinction, uscito solo su PC e Xbox 360.
Sam Fisher tra innovazione e tradizione
Qualche tempo dopo gli eventi narrati proprio in Convinction, Sam Fisher è stato messo a capo di una nuova unità governativa segreta chiama Fourth Echelon, che sostituisce la vecchia Third di cui lo storico protagonista era solo uno dei migliori agenti a disposizione. Gli Stati Uniti sono costretti a fronteggiare una nuova minaccia terroristica guidata da un gruppo chiamato “Gli Ingegneri“, che ha dato un ultimatum alla potenza statunitense: richiamare le proprie truppe all’estero o subire un attacco terroristico ogni sette giorni. La cosiddetta appunto “Blacklist“, composta di azioni strategiche mirate a colpire gli Stati Uniti sotto tutti gli aspetti.
Con il solito mix di fantapolitica e azione che da sempre contraddistingue le sceneggiature firmate Tom Clancy, Splinter Cell Blacklist offre una narrazione leggera, ma mai banale. Forse scontata in certe situazioni ma comunque sufficiente a intrattenere il giocatore anche oltre il solo lato gameplay.
Ma proprio della struttura di gioco è importante parlare, perché Splinter Cell: Blacklist si ricorda delle origini della serie e propone finalmente un gameplay che mette assolutamente in primo piano la necessità di affrontare le missioni in modalità stealth, abbandonando in parte il netto approccio action che distingueva Splinter Cell Conviction. In parte perché gli sviluppatori di Ubisoft Toronto hanno progettato un level design che sì, si sposa bene alle necessità di chi è in cerca di uno stealth puro e crudo in ogni suo aspetto, ma che grazie a una estrema varietà e liberta d’azione sulla mappa permette al singolo giocatore di scegliere l’approccio che preferisce, anche quello violento ma sconsigliato dell’assalto frontale.
I tre stili di gioco presenti – Fantasma, Pantera e Assalto -, distinguono le possibilità ludiche offerte dalla produzione in ogni missione. Il giocatore è dunque libero, in memoria dei primi capitoli, di evitare i nemici sfruttando un equipaggiamento utile all’approccio furtivo; altrimenti, se amante dello stile di Convinction, può imbracciare le armi più potenti per fare strage di qualunque cosa si muova intorno a sé; oppure, può prediligere un misto tra due situazioni. Uccidere ma farlo in maniera discreta e silenziosa, avendo cura di sistemare i cadaveri in modo che non vengano scovati dai nemici.
L’intelligenza artificiale degli avversari è stata infatti ben progettata per rendere difficile la vita del giocatore anche ai livelli di difficoltà più bassi. Il sistema si basa sostanzialmente su un equilibrio piuttosto delicato come è giusto che sia per una produzione del genere: finché si riesce a restare nell’ombra non si avranno problemi a studiare i movimenti dei nemici e comportarsi di conseguenza, ma, una volta scoperti, non sarà facile nascondersi nuovamente visto che i soldati avversari si muoveranno in forze verso l’ultima posizione conosciuta del giocatore (segnalata con una sagoma bianca come in Convinction) e soprattutto saranno in grado di studiare tecniche di aggiramento a tratti veramente spiazzanti.
Questo sistema, abbinato al gameplay descritto in precedenza, garantisce quindi una campagna in singolo non molto lunga ma sicuramente capace di intrattenere con missioni varie e coinvolgenti. Missioni che vengono selezionate attraverso una mappa principale che fornisce anche un briefing su ogni singolo incarico, così da capire come comportarsi meglio una volta sul campo.
Ed è proprio dalla mappa principale che si scorge quanto sia importante la componente multiplayer in Splinter Cell: Blacklist. Ereditando la novità dal precedente capitolo, Blacklist propone infatti un numero importante di missioni secondarie da giocare in cooperativa con un amico in locale o online integrate direttamente nella campagna principale, e che permettono quindi di espandere alcuni aspetti della storia. Si tratta di incarichi che possono essere completati anche in solitario, ma il level design è stato appositamente progettato per sessioni cooperative, tanto che alcuni percorsi vengono persino bloccati se non è presente un secondo giocatore. A ciò, bisogna aggiungere il ritorno della modalità “Spie vs. Mercenari“, una espansione della medesima vista in Splinter Cell: Chaos Theory e che, grazie alla sua profondità, riesce ad allungare ulteriormente la longevità del prodotto.
Il comparto tecnico non delude, ma non riesce nemmeno a far urlare al miracolo. L’engine soffre dei limiti ormai raggiunti sulle console di questa generazione, tanto che su Xbox 360 è necessario installare le texture in alta definizione contenute in un secondo DVD. Per fortuna si tratta di un’aggiunta che non rovina le performance del gioco, gradibili in ogni situazione. Bisogna fare i conti con un po’ di aliasing e del tearing che si presenta spesso nei filmati, ma in generale, pur non sorprendente, l’aspetto grafico di Splinter Cell: Blacklist offre buone sensazioni.
Quasi perfetta la componente sonora. Si accoglie prima di tutto con gioia il ritorno dell’esperto Luca Ward nei panni di Sam Fisher, lavoro di qualità che testimonia l’estrema professionalità del doppiatore italiano. Tolto qualche personaggio secondario, il doppiaggio in generale si attesta su livelli medio-alti. Pollice su anche per effetti sonori e colonna sonora, sempre incalzante nei momenti opportuni e mai invasiva.
Commento finale
Splinter Cell: Blacklist non tradisce le attese e si presenta come quel ritorno che tutti i fan di Sam Fisher aspettavano. Eredita il meglio di Convinction, criticato da molti appassionati, e lo mescola con ciò che ha fatto la fortuna della saga nei primi tre episodi. Il risultato è lo Splinter Cell migliore di sempre dal punto di vista del gameplay, capace di offrire diverse possibilità e approcci differenti sposati alle preferenze del giocatore.
A tutto ciò, il pacchetto aggiunge una componente multiplayer sorprendentemente importante e decisiva per la valutazione del prodotto. Le missioni in cooperativa e la modalità competitiva rappresentano il valore aggiunto di questa produzione e ci spingono a dare un voto alto per la valutazione dell’intera esperienza ludica offerta dal nuovo Splinter Cell.
Detto questo, se siete interessati solo alla componente in singolo (ma si ripete che perdersi le missioni in cooperativa sarebbe un grave delitto) è giusto considerare mezzo punto in meno alla valutazione finale, visto che in fin dei conti, per quanto coinvolgente e varia, la campagna si completa relativamente in fretta e non sono presenti clamorose novità rispetto al passato.